Un omicidio che per il momento rimane senza colpevoli. Perché i sospetti non sono prove. E in ogni caso escono di scena tutti e dieci gli indagati su cui la Procura e i carabinieri indagavano da quel 26 luglio del 2022. Quando di sera venne trovato il cadavere dell’allevatore 34enne Riccardo Ravidà, ucciso e poi bruciato dentro la sua auto, una Toyota Rav 4, in contrada Ferrera, a cavallo tra i centri ionici di Alì Superiore e Fiumedinisi.
Campagne aride di terre coltivate come capita e bestiame da controllare giorno e notte, di ripicche per i pascoli e furti di pecore e capre, di incendi per vendetta, dove uno sconfinamento o un’abbeverata nel podere del vicino possono innescare una faida che s’insanguina per anni. È questo il mondo ancora piuttosto arcaico e a due passi da noi in cui si sono calati in questi mesi i carabinieri. Ma in ogni direzione non sono state trovate conferme alle ipotesi d’indagine.
Il primo “indizio” che era tutto troppo vago per delineare il colpevole, o i colpevoli, s’era già avuto nel febbraio scorso, quando era venuta fuori la notizia che nei fucili, oltre dieci, sequestrati nell’immediatezza del fatto dai militari con una vasta operazione a tappeto in più centri ionici, non era stata repertata nessuna traccia dei proiettili sparati al pastore Ravidà.
Adesso c’è un fatto tecnico-procedurale preciso. E cioé che la gip Monia De Francesco ha accolto la richiesta di archiviazione del procedimento sul delitto di Fiumedinisi che avevano depositato nei giorni scorsi il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, il sostituto della Dda Fabrizio Monaco, e la collega della Procura Giulia Falchi, ovvero i tre magistrati che hanno lavorato con i carabinieri per dare un volto e un nome a chi quella sera ha ucciso e poi bruciato il pastore.
Quindi questo significa anche che viene archiviata la posizione di ben dieci persone, che a suo tempo erano state iscritte nel registro degli indagati con la pesante accusa di omicidio. Si tratta di: Lorenzo Crocetta, Giuseppe Crocetta, Nunziato Crocetta, Gabriele Crocetta, Tindaro Crocetta, Pietro Crocetta, Carmelo Crocetta, Andrea Crocetta, Rosario Nucita e Giuseppe Caminiti.
In questi lunghi mesi d’indagine sono state tante le piste battute sentendo parenti, amici e confinanti di Ravidà. S’è analizzato di tutto, con un filo conduttore comune, quello delle classiche faide tra famiglie di pastori nella zona ionica: uno sconfinamento di animali, una vendetta per un vecchio fatto in cui venne coinvolto Ravidà nel 2011, l’incendio della porta di casa di Ravidà con benzina e una bombola avvenuto tempo addietro, il fatto che alcuni suoi terreni furono bruciati tre giorni prima dell’omicidio, una lite nel bar di Fiumedinisi tra la vittima e Lorenzo Crocetta, un furto di bestiame che subì sempre la vittima, oppure l’ipotesi inversa che fosse stato ucciso per aver rubato lui cento capre ai Crocetta, e anche una questione sentimentale. E probabilmente la chiave di tutto sta proprio in uno di questi fatti. Ma non sono riusciti a provarlo con certezza.
C’è stato un altro fatto determinante che non ha consentito ai carabinieri di andare avanti con l’esame dei tabulati dei telefonini degli indagati o con le “celle” di ripetizione del segnale. In contrada Ferrera vige il principio del “non c’è campo”, quindi non è stato possibile monitorare o verificare la presenza di telefonini in quell’area («... l’analisi dei suddetti dati non ha fornito elementi utili alle indagini» scrivono i pm). Nemmeno dall’esame dell’unica videocamera di sorveglianza della zona è stato possibile ricavare qualcosa («... non ha tuttavia fornito elementi utili alla ricostruzione degli eventi delittuosi per cui si procede»).
Ecco quindi il passaggio-chiave della richiesta di archiviazione dei pm, accolta dalla gip De Francesco: «Alla luce di quanto sinora esposto, nonostante sia stato chiaramente accertato - si veda la consulenza tecnica redatta dal consulente tecnico dr. Andò - che il Ravidà sia stato ucciso con colpi di arma da fuoco e sebbene i soggetti escussi ed intercettati abbiano più volte manifestato i loro “sospetti” sul coinvolgimento degli odierni indagati nell’evento delittuoso per cui si procede, l’attività investigativa di cui si è dato testé conto nei suoi tratti essenziali non ha consentito di dirimere in maniera definitiva i dubbi sulla riconducibilità dell’omicidio di Ravidà Riccardo ad alcuno degli odierni indagati, né ha consentito di individuare altri e diversi responsabili dell’ipotesi delittuosa oggetto del presente procedimento. Per le suesposte ragioni, tenendo altresì conto di alcune circostanze, quali il ritrovamento del cadavere carbonizzato, in una zona impervia, l’assenza di contatti telefonici tra l’indagato e soggetti terzi nei momenti antecedenti al delitto, la mancanza di videocamere sul luogo del delitto, il mancato ritrovamento dell’arma, gli elementi acquisiti nella fase delle indagini preliminari inducono a formulare una prognosi negativa circa la tenuta dell’accusa in sede dibattimentale».
A Fiumedinisi quindi c’è un feroce assassino che ha ucciso Ravidà e poi ne ha bruciato il corpo. Ma per il momento, non è stato scoperto.
Pastore ucciso e bruciato tra Alì Terme e Fiumedinisi: archiviata l'inchiesta sull'omicidio di Riccardo Ravidà
L’attività investigativa non ha consentito di dirimere in maniera definitiva i dubbi sulla riconducibilità dell’omicidio di Ravidà Riccardo ad alcuno dei dieci indagati
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