Segni particolari? Ambizioso. L'ingegnere navale Francesco Russo, classe 1975, a capo della K- Ships ha scritto la storia rilevando lo studio tecnico navale di famiglia a Messina e costruendo il primo polo integrato per la progettazione e gestione di navi. «La mia famiglia ha una bella tradizione – racconta –, papà Antonino credo sia stato il primo a lanciarsi nel settore dell'ingegneria navale. Una volta i bagagli erano necessari e nonostante Napoli fosse più vicina ha scelto il meglio: Genova». Sullo sfondo? Sacrifici, una bella famiglia numerosa, con nonno Francesco e un bisnonno, Nicola, che si era trasferito con i 5 figli dalla Campania a Messina: gloriosamente maestri d'ascia. «Mio padre – continua – ha iniziato in maniera coraggiosa la libera professione, da zero, con l'esempio paterno che lavorava ai cantieri Picciotto e per sbarcare il lunario ha insegnato al Nautico Caio Duilio fino agli anni ‘80. E a casa ha costruito il suo studio in una casa in affitto in via Colapesce. E ci sono immagini cristallizzate nella sua mente. Il pomeriggio, con mamma, a bordo della '500, girava per tutta la Sicilia con grande testardaggine in cerca di lavoro ricevendo spesso la proposta del pescato di gamberi come "ricompensa" della sua fatica». Negli anni '90 l'apertura del primo studio, in condivisione con l' ingegnere Cassaro, figlio del proprietario dell'omonimo cantiere navale, pezzo di storia scomparso in via Garibaldi e per Francesco bambino era come entrare in un negozio di giocattoli, perché sulle pareti erano attaccate in bella mostra tutte le foto storiche dei vari e dei modelli delle navi che costruivano. La svolta? La costruzione di 2 navi chimichiere: “Messana” e “Mata e Grifone” in onore della città di Messina e la collaborazione con i cantieri navali Rodriguez nel periodo in cui costruì aliscafi e altri armatori rinomati. Francesco, tuttavia, che ha seguito sempre i passi del padre, dopo il biennio di ingegneria ha deciso di finire il suo percorso a Genova, ma la curiosa parentesi è che aveva valutato perfino di seguire il sogno della carta stampata iscrivendosi alla scuola di giornalismo. «Dopo la crisi mistica di quell'anno capì – ricorda – che non avrei voluto seguire un profilo esclusivamente ingegneristico ma manageriale e probabilmente, rievoco un altro tassello familiare, se il pastificio di famiglia materno non avesse chiuso i battenti forse sarei ancora lì. In questo percorso ci sono tante altre cose da ricordare. Prima del giubileo abbiamo progettato e seguito la costruzione di una nave marittimo- fluviale, commissionata al cantieri Smeb, che si chiamava Cezanne Gi. Al. Acronimo che stava per Ginette e Aldo (Leone), che era l'armatore, autore del regalo speciale alla consorte, innamorata del pittore francese. Una nave che doveva solcare mari e fiumi seguendo quella che fu chiamata “la rotta dei papi” e che prendeva i turisti del giubileo da Civitavecchia e poi risaliva per la costa italiana e arrivava fino in Francia, toccava il Reno fino ad arrivare ad Avignone. Una grande avventura». Arrivato nuovamente in Liguria dopo un’esperienza in Fincantieri, a Monfalcone, il giovane ingegnere in erba cominciò a mandare curriculum mentre diceva a chi lo prendeva per pazzo che avrebbe voluto fare l'armatore, sfidando il giudizio di chi sosteneva che nel Belpaese lo si fa solo se si è armatori di generazione. «Era il 2005. Ricordo come se fosse ieri che mandai un curriculum ad una società che non esiste più: la “Stargas”. L'armatore, l'ingegnere Salvatore Pianura, leggeva personalmente tutti i curriculum e rimase colpito dall'esperienza della Cezanne e mi convocò subito a Mestre. In quel colloquio mi rivelò che proprio Aldo Leone era stato il suo maestro. E una settimana dopo neanche a dirlo presi subito servizio. Una grande fortuna perché in quel periodo le acque non erano floridissime, già avevano ridotto il personale e facendo un po' tutto si imparava molto. E a bordo delle navi venivi coinvolto in tante questioni: dalla cose tecniche agli stipendi non pagati». In seguito Pianura convocò il nostro concittadino e gli disse che gli avrebbe fatto un regalo: mettendolo a capo di una sede da aprire ad Augusta per stare più vicini alle navi. I tempi però non erano maturi e l'ingegnere siciliano, allora nemmeno trentenne, ringraziò, aprì fisicamente la sede ma si dimise. Senza avere un piano b immediato. «Non c' è rotta migliore che esplorare tutte le rotte del mondo – ripete come un mantra – era ed è allora il mio motto, ma allora tornare mi sembrava una sconfitta. E avevo deciso di prendermi un periodo sabbatico tornando a fare quello che d'estate mi aveva sempre divertito: lavorare al Raya con il fratello di avventure Sergio Munaò. Ma alla fine di una chiacchiera con l' ingegner Ferdinando Garré appurai che oltre ad un cantiere aveva un'attività armatoriale e mi palesò il desiderio di mettere insieme a Genova una struttura che si occupasse della gestione di queste navi. L'idea mi stuzzicò, finì lì, o almeno è quello che pensavo io, ma riprese vigore quando mi telefonò nuovamente e esordì secco: “Quando iniziamo?”. Allora ero davanti alla macchina che stavo caricando il portabagagli e gli risposi che ne avremmo riparlato. In realtà il 1 luglio abbiamo iniziato questa avventura dove ero praticamente solo». Il nome della società non fu scelto a caso e Garrè spiegò che suo padre la prima nave che ebbe si chiamava Karachi, un' imbarcazione molto fortunata, e da allora Garré senior decise che tutte le loro "creature" avrebbero avuto una K nel nome. E per questo la società si chiama “K-Ships”». Francesco Russo e Ferdinando Garré sono stati soci per un tempo ma ad un certo punto, nel 2015, Russò assorbì tutte le quote: « I tempi erano maturi per tornare sullo Stretto e decisi di fondere in K-ships lo studio di progettazione di famiglia. E oggi porto avanti l'attività armatoriale e quella di progettazione. E le due sponde. E l'asse Genova-Messina che è sicuramente cruciale considerando che la nostra città è connessa a Gioia Tauro, fulcro del Mediterraneo». L'imprenditore non ha dubbi. E crede che sia il momento di cavalcare l'onda mentre la nostra città deve ricordarsi che i nostri tesori possono tornare a splendere: «Mi piacerebbe potenziare l'ufficio di Messina, creare un polo nevralgico della progettazione navale e frenare la corsa delle chiamate all'estero». Dello Stretto invece ricorda tutto. E i luoghi sono custoditi gelosamente nel cuore: il Pk, l 'ex Billé, l'immancabile “festa delle candeline” alla Giara con Last Christmas come colonna sonora. «Quando eravamo tutti emigrati tornare a Messina e trascorrere insieme le vacanze natalizie era la riserva di ossigeno che chiudevi in valigia quando riprendevi il traghetto per ripercorrere lo Stretto in direzione opposta». Ma prima o poi fortunatamente si torna sempre a casa.