Ufficiali le candidature di Limosani, Spatari e Moschella: la corsa all’ermellino può partire
Mancava solo l’ufficialità, da ieri c’è anche quella: sono tre i candidati a ricoprire per i prossimi sei anni la carica di rettore dell’Università di Messina. Nessuna sorpresa: l’ermellino se lo contenderanno Michele Limosani, Giovanna Spatari e Giovanni Moschella, che ieri hanno depositato le proprie candidature, nel giorno del “gong”. Ora il prossimo step sarà tra 20 giorni, con il primo turno di votazioni. Il secondo è previsto il 27 novembre, il ballottaggio eventuale il 1° dicembre. Sempre che il Tar non decida in senso contrario, dopo il ricorso presentato dai rappresentanti degli studenti, divenuti un fattore, con la loro rivendicazione di un maggior peso alle urne, di questa campagna elettorale. A proposito di “peso”, sono grossi tomi i programmi presentati ieri dai tre candidati (e che conosceremo nel dettaglio nelle prossime settimane): dalle 55 pagine di Moschella alle 63 di Limosani alle 145 di Spatari. Proposte corpose, come di rado s’era visto in passato. Il prologo In palio c’è una poltrona da sempre pesante, in una città universitaria come Messina, ancor di più dopo il caso esploso nelle ultime settimane, con le dimissioni di Salvatore Cuzzocrea che sembrano appartenere ad un passato remoto ma, in realtà, risalgono a meno di un mese fa, il 9 ottobre. Un addio burrascoso, un altro Cuzzocrea travolto dagli eventi e dalle polemiche, costretto all’addio anticipato proprio come venticinque anni prima era accaduto al padre Diego. Stavolta sotto i riflettori dei media e la lente d’ingrandimento della Procura, dopo l’esposto presentato dal senatore accademico Paolo Todaro, sindacalista e nemico numero uno di Cuzzocrea in questi anni, sono finiti i rimborsi milionari chiesti e ottenuti da Cuzzocrea e, in particolare, i pagamenti effettuati alla sua azienda agricola di famiglia, quella che gestisce un maneggio in provincia di Catania. È questo il prologo incandescente che accompagna una corsa al voto che non sarà come le altre, per nessuno dei contendenti. Michele Limosani È stato dichiaratamente all’opposizione, in questi anni, ed è stato anche il primo a presentare la propria candidatura. Michele Limosani, direttore del dipartimento di Economia, già prorettore al bilancio quando a indossare l’ermellino era Pietro Navarra (quando prorettori era anche Cuzzocrea, con delega alla ricerca), ieri ha voluto diffondere una lettera a tutta la comunità accademica: «Il momento è di straordinaria delicatezza. Non è possibile rimuovere questo dato di fatto per depositarlo sotto i tappeti. Non si parte da “ciò che vi è di buono”, ma da ciò che anche di positivo è stato appannato da quella mancanza di apertura al confronto, di terzietà, di buon senso, di equilibrio. Ci troviamo lì dove non avremmo dovuto essere, laddove sottovalutazione – o, peggio, silenzio – ha consentito una caduta di immagine, di reputazione e di credibilità. Abbiamo assistito in questi anni a continui atteggiamenti di supponenza e arroganza. Un modus operandi e di una politica gestionale caratterizzata dalla mancanza di confronto, destinata a portare la comunità accademica verso un vicolo cieco. La mia proposta, adesso, è nitida ed è l’unica in discontinuità con l’amministrazione uscente». Un programma che punta su «rispetto delle regole e delle persone, promozione di una nuova cultura, riconoscimento e valorizzazione del merito, inclusione e partecipazione». Giovanna Spatari La campagna elettorale verrà sfidarsi due prorettori uscenti. Giovanna Spatari è stata indicata dalla governance Cuzzocrea, ma rivendica autonomia. Ordinaria di Medicina del lavoro e direttrice del dipartimento ad attività integrata dei Servizi del Policlinico, ha consegnato il programma più lungo (145 pagine), accompagnandolo, però, con le dichiarazioni più brevi: «Mi impegnerò a portare avanti la mia idea di Università, caratterizzata da scelte condivise e partecipate, da una gestione su base allargata che tenga conto di tutte la competenze dei docenti, della professionalità del personale tecnico-amministrativo e in grado di intercettare i bisogni e le aspirazioni dei nostri studenti, nazionali e internazionali. Il mio obiettivo è quello di creare un clima di lavoro sereno, libero da qualsiasi forma di discriminazione e che veda al centro le persone». Giovanni Moschella È stato l’ultimo a sciogliere le riserve, ma anche il più vicino, insieme al prof. Luigi Chiara (oggi sostenitore di Spatari), in questi anni, all’ex rettore, di cui è stato vicario fino a settembre, quando si è dimesso, prima della bufera. Giovanni Moschella, ex preside di Economia ed ex direttore del dipartimento di Scienze giuridiche e Storia delle istituzioni, ha voluto riassumere il suo programma in una lunga nota: «Il mio programma ha come obiettivo primario quello di restituire all’Istituzione universitaria il ruolo di libera comunità di pensiero, impegnata nella qualificata formazione dei nostri studenti e nella crescita culturale e socio-economica del territorio. Il rifiuto del conflitto e di ogni forma di discriminazione e di esclusione, il confronto democratico e la partecipazione di tutte le componenti la comunità accademica caratterizzano la nostra idea di Università». In grandi linee i punti focali del programma: «Riforme istituzionali, un’organizzazione amministrativa trasparente ed efficiente, le strutture, il potenziamento dell’offerta didattica e formativa, gli interventi a favore della ricerca, il Policlinico». Il ricorso al Tar C’è però una grossa spada di Damocle che pende sulla macchina elettorale dell’Ateneo: un ricorso presentato al Tar da alcuni rappresentanti degli studenti (Fabrizio Sbilordo, Aurelio Mirko Bringhelli, Kevin Bonasera, Chiara Furlan e Francesco Chimenz, oltre ai dottorandi Giuseppe Tancredi Patanè e Francesco Armone), con il quale, tramite l’avvocato Andrea Fiore, si chiede l’annullamento del decreto di indizione delle elezioni «nella parte in cui il voto della categoria degli studenti, dei dottorandi, degli assegnisti, degli specializzandi viene conteggiato “nella misura del 30% del numero complessivo dei rappresentanti delle suddette categorie in Senato accademico, Consiglio di amministrazione e nei vari consigli di dipartimento». Il nodo è essenzialmente uno: «Viene di fatto negato alla componente studentesca di poter partecipare attivamente alla scelta della massima carica accademica». Eppure, a detta di tutti, sarebbe l’Università “degli” studenti.