Messina

Domenica 24 Novembre 2024

Messina, al Don Orione una famiglia senza certezze: ennesima palude burocratica

Ciccio è la vedetta del Don Orione. Gli operatori lo chiamano «lo sbirro» perché sa tutto di tutti e poi, a modo suo, lo fa sapere agli altri. Conosce i turni, sa chi è dentro l’istituto e chi è uscito. Anche se non parla, per lo meno non parla nel mondo in cui siamo abituati ad intendere la parola, si fa capire eccome. E ride, ride tantissimo. Ciccio è uno dei quaranta fratelli della grande famiglia del Don Orione. Nessuno vuole chiamarli pazienti, ma nemmeno ospiti. Portano con sé il peso di disabilità psichiche gravi e gravissime, e quale sia la distinzione tra gravi e gravissime lo si intuisce facilmente, quando si sale al secondo piano della storico istituto di viale San Martino. Le stanze dei gravi sono vuote, perché per la maggior parte sono giù a svolgere le attività nelle quali vengono coinvolti tutti i giorni. Colorano, disegnano, realizzano piccole opere d’arte (e no, non è un’esagerazione che strizza l’occhio alla narrazione, lo sono davvero). I gravissimi, invece, restano in camera o, comunque, difficilmente si allontanano dal secondo piano. Uno di loro, Massimo, ha una fissa per i tappi di bottiglia, li vuole tutti per sé, li chiede a chiunque passi dalla sala comune. Pippo, invece, è rimasto a letto, davanti a sé una tv accesa che sembra parlare ad un pubblico che non c’è. Del resto a lui interessa solo la musica, soprattutto la musica napoletana. Ad accompagnarci tra i corridoi del Don Orione è Fabrizio Venuto, consigliere d’amministrazione della cooperativa, la Faro 85, che si prende cura da un trentennio di questi e altri «ragazzi» (così li chiamano tutti), tutti i giorni, 24 ore su 24. «Io sono cresciuto qui, da quando avevo 17 anni. Mio padre faceva questo, io ho sempre fatto questo. Molti di loro hanno la mia età. Per me non sono pazienti, sono fratelli. E lo stesso posso dire che vale per tutti gli operatori». Operatori che sono senza stipendio da giugno e pagano in prima persona la solita palude burocratica regionale nella quale è finita la convenzione tra la cooperativa e il Servizio sanitario regionale. Una convenzione che darebbe certezza economica alla Faro85, agli operatori e agli ospiti, ovviamente. La davano tutti – Asp inclusa – per scontata, dopo l’accreditamento riconosciuto dalla Regione a maggio, e invece ancora nulla. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina

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