Un «paramedico di passaggio» che controlla una paziente sofferente, stabilisce «l’irrilevanza di un’accusata patologia», e la congeda dall’ospedale indirizzandola alla guardia medica. Senza lasciare alcuna traccia scritta dell’accesso. I sintomi di sofferenza della paziente che «sono stati non considerati o sminuiti in sede anamnestetica e di diagnosi». Le «gravi condizioni in cui versa la sanità eoliana». Ed ancora «l’oggettivo e sostanziale non funzionamento del pronto soccorso durante i fatti». La mancanza concreta di riscontri e provvedimenti da parte della Regione Siciliana e dell’Asp di Messina alle raccomandazioni del ministero della Salute che dopo i fatti avviò un’ispezione, ed è per esempio «inspiegabile la carenza nel presidio ospedaliero della copertura del delicato ruolo organico del direttore sanitario, a tutt’oggi non nominato».
Non è solo una “carta” giudiziaria quella che adesso imprime una svolta fondamentale all’inchiesta sulla morte a Lipari nell’agosto del 2020 della povera ragazza 21enne Lorenza Famularo, avocata e riaperta dal sostituto procuratore generale di Messina Giuseppe Costa dopo una richiesta d’archiviazione della Procura di Barcellona, e affidata per le nuove indagini ai carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria.
Non è solo una carta giudiziaria ma un atto d’accusa nel caso concreto, l’assurda morte di una ragazza di 21 anni, e dell’intero mondo della sgangherata sanità eoliana. Che, nonostante questa tragedia, a quanto pare, secondo il magistrato, non è cambiata praticamente di una virgola.
Dal punto di vista tecnico adesso siamo in una fase cruciale dell’inchiesta dopo l’avocazione, perché il sostituto pg Costa ha siglato una richiesta d’incidente probatorio e di perizia sui fatti al gip di Barcellona, e contestualmente ha inviato sette informazioni di garanzia ad altrettanti indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, individuando una serie di responsabilità legate al caso concreto e poi alla gestione globale della sanità alle Eolie. Si tratta - le qualifiche si riferiscono all’epoca dei fatti, ovvero all’agosto del 2020 -, del paramedico in servizio all’ospedale di Lipari Antonino Casilli; dei medici di guardia di Lipari Antonino Giuseppe Cannata e Concetta Angelica Sequenzia (entrambi visitarono in tempi diversi la Famularo); del radiologo dell’ospedale di Lipari Giovanni Noto (fu interpellato telefonicamente dai familiari); del direttore generale dell’Asp di Messina Paolo La Paglia (a suo carico è ipotizzata anche l’omissione di atti d’ufficio); del responsabile pro tempore del pronto soccorso dell’ospedale di Lipari Sergio Crosca; del responsabile del presidio medico di Lipari Vincenzo Compagno. È chiaro che si tratta della fase iniziale dell’inchiesta, e le posizioni dei vari indagati dopo l’incidente probatorio e la nuova perizia potrebbero subire modifiche rispetto al quadro che prospetta l’accusa.
Nel procedimento sono parti offese i familiari di Lorenza Famularo, che con i loro avvocati Nunzio Rosso e Vincenzo La Cava non si sono mai rassegnati a far cadere nell’oblio la vicenda e hanno a suo tempo presentato una opposizione all’archiviazione corredata da una perizia, che è giunta a conclusioni diametralmente opposte a quella dei consulenti della Procura di Barcellona, che non rilevarono alcuna responsabilità penale («le attente e pertinenti argomentazioni oppositive delle persone offese», scrive il sostituto Pg Costa nel suo atto).
«Il decesso della ventenne Lorenza Famularo costituisce l’exitus di una concatenazione di condotte colpose omissive tutt’ora in corso di verifica e che s’innestano sulle preesistenti e persistenti condizioni di mal funzionamento nelle quali versano i servizi sanitari nel territorio insulare eoliano», scrive tra l’altro il magistrato nella sua richiesta di incidente probatorio al gip.
E in un altro passaggio afferma emblematicamente che «... di tutti gli interventi medici l’unica vera traccia documentale è costituita dalla relazione di visita cardiologica sottoscritta dal dr. Iannello, atteso che dell’attività (verosimilmente svolta in via amichevole) del dr. Noto e dell’attività svolta dai due sanitari del presidio di Guardia Medica non v’è compiuto riscontro, né tanto meno dell’accesso al Pronto Soccorso e delle indicazioni inopinatamente date dal parasanitario Casilli». Il dott. Iannello è un medico che era ospite in quei giorni d’agosto nell’albergo dove lavorava la Famularo, e nonostante fosse in ferie, privatamente, sollecitato dai colleghi di lavoro della ragazza, preoccupati per la sua salute, effettuò un esame strumentale e consigliò con urgenza altri esami («scrupolosamente svolse la propria attività documentandone la consistenza, così come richiesto dalla normativa e dalla deontologia», scrive il magistrato).
In un altro passaggio dell’atto, il magistrato amaramente scrive: «L’isolana Lorenza Famularo non doveva morire e, soprattutto, non doveva morire “di sanità” in un periodo storico unico, connotato dalla virulenta pandemia, nella quale proprio le evidenze e sintomatologie del virus erano caratterizzate da aggressioni al sistema respiratorio e all’apparato polmonare e che nel caso di Lorenza - ad avviso di chi scrive - avrebbero dovuto giustificare vieppiù le più elevate ed approfondite cautele diagnostiche».
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