Il caso del porto di Tremestieri è diventata la classica patata bollente. Cantiere a singhiozzo, lavori fermi da un anno e mezzo, l’intervento del tribunale di Venezia per soccorrere la società incaricata dei lavori con la cessione del ramo d’azienda e infine la società subentrante che non vuole ripartire se non ha certezze sugli impegni economici.
Chi sperava in un rapido passaggio del testimone dalla Nuova Coedmar alla Bruno Teodoro resterà deluso perché l’azienda di Capo d’Orlando si è messa in “stand by” chiedendo di avere la certezza che il Comune possa pagarle non solo la restante parte dei fondi dell’appalto ma anche quei 43 milioni di euro in più dovuti all’aumento dei costi dei materiali rispetto al progetto originario del 2008. Una nota quella della Bruno Teodoro indirizzata a Palazzo Zanca ma anche al Ministero delle Infrastrutture che apre e chiude i cordoni della borsa.
Il dicastero guidato da Matteo Salvini concederà i fondi che mancano per poter chiudere l’opera, applicando il decreto Aiuti? Palazzo Zanca nella delibera con cui ha dato il via libera al Tribunale di Venezia alla cessione del ramo d’azienda, aveva già dichiarato che “la copertura dei maggiori costi, indicati nell’atto di transazione, è riconducibile alle modalità del d.l. 50/2022” e questo lascia intendere che almeno già a luglio a tutti i concorrenti fosse noto che c’era da recuperare il pesante “conguaglio” da 43 milioni.
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