Produce barche in legno nell’isola di Panarea. Andrea Tesoriero, classe 1980, porta avanti una tradizione unica e i suoi gioielli sono il frutto di tempi lenti e maestria. Il suo sogno? Che questa arte, che rende unico il nostro Paese, non si perda ma venga tramandata di generazione in generazione. Riavvolgiamo il nastro della storia. «Sono un eoliano “doc” innamorato della mia isola – racconta Andrea –, sin da piccolo sono stato sempre stregato dalle barche. E ancor di più mi affascinava l'idea di poter dare vita ad una barca in legno che avrebbe portato me e i miei amici in giro per l'isola dove la strada è il mare». Il primo modello? «L'ho costruito a 12 anni con il legno delle cassette di frutta. Poesia già immaginarla... E un capolavoro, a detta di tanti, il risultato, tanto che ho finito per costruire diverse barche di modellismo» A 19 anni arriva il periodo da militare e nel garage di papà costruisce una barca di 6 metri. Una rivelazione perché dopo che l' ha messa in mare ha compreso che questo poteva rappresentare il suo futuro. «Migliorare la tecnica, però, era necessario – precisa – e per questo ho cominciato a frequentare cantieri seri per carpire i trucchi e i segreti del mestiere, perché io costruisco senza l'uso del computer ma con il mezzo garbo, una tecnica antichissima, quasi in disuso, che ti permette di costruire le sezioni della barca, frutto spesso di un lavoro corale». Nel 2003 l'iscrizione in capitaneria come allievo maestro d'ascia e il 2014 l'esame di Stato che corona un sogno coltivato con grande passione e tenacia. E i tempi delle creazioni sono variabili, ma di sicuro l'attesa non pesa. «I tempi? Tutto dipende dalle dimensioni. Oggi costruisco barche da 8- 9 metri e ci vogliono anche 5 mesi considerando che tutte le costruzioni sono diverse e danno vita a una creatura in legno perché il legno è un materiale vivo. Che si affianca al carattere anche del suo armatore, con cui si sta a contatto e senza dubbio nascono sempre nuove amicizie». Andrea ha tanti sogni nel cassetto, il primo fra tutti quello di costruire barche sempre più grandi e in futuro, adattandosi ai tempi, quello di costruire barche elettriche da far navigare nell'isola eoliana dove le albe sono un esplosione di giallo e arancio e i gabbiani volano da padroni incontrastati. E il pensiero va anche alle nuove generazioni che devono ritornare ad allenare la fantasia che porta sempre grandi risultati. «A tutti i ragazzi dico di avvicinarsi ai lavori artigianali perché è pieno di tante emozioni e soddisfazioni. E se si riesce nell'impresa garantisce anche un buon ritorno economico. Oggi purtroppo non ci sono più artigiani – chiosa con amarezza – siamo in pochi maestri d'ascia, pochissimi nella provincia di Messina, e io ero il cinquantesimo. Ad oggi purtroppo nessuno ha fatto esami e non mi resta che sperare che questo lavoro vada avanti perché è stupendo e unico». Soprattutto, va detto, se è fatto in un luogo, come un'isola piccola, dove si impara presto l'arte del poco, del bello e dell'essenziale. E dove si respira il ritmo dell'essenziale: «Lavorare d'inverno a Panarea è fantastico perché ti puoi concentrare sul tuo lavoro e si accoglie sempre qualcuno interessato a scrutare quello che fai. E per gli amici il cantiere nautico diventa un bar in qualsiasi momento. Insomma, i ritmi di solito sono scanditi così: la mattinata passeggiata sul porto e poi subito a lavoro. Il week-end è diverso. I ristoranti non sono sempre aperti, – conclude – ma le case diventano luogo di piacevoli momenti conviviali. La vita è semplice ma si sta in un paradiso naturale».