C’è una definizione della gip Ornella Pastore sull’Asp di Messina e le ingerenze politiche che è emblematica di tutto il contesto di questa inchiesta, per adesso come sospesa dopo il rigetto di quasi tutte le misure interdittive richieste dalla Procura. La giudice paragona l’Asp a una terra di tutti e di nessuno, in cui si pratica la giungla delle segnalazioni selvagge.
L’altro dato emblematico è quello dei “pizzini”. Perché un po’ tutti i politici che si sono interessati di sanità durante le indagini, e beccati nelle intercettazioni, li hanno inviati attraverso messaggeri vari all’allora direttore sanitario, poi diventato commissario straordinario, Bernardo Alagna, facendoli recapitare alla sua segretaria. I “pizzini”. Alcuni sono pure agli atti dell’inchiesta. In un altro passaggio la gip scrive quindi che emerge chiaramente l’esistenza di confini troppo labili tra politica e dirigenza Asp, augurandosi una radicale riforma normativa del settore.
Il dato da cui partire è comunque che la richiesta principale di misura interdittiva un paio di settimane fa è stata rigettata da parte del gip per l’ormai ex commissario dell’Asp di Messina Bernardo Alagna (che però si era dimesso dall’incarico dopo la diffusione della notizia dell’inchiesta, n.d.r.). La Procura ipotizzava a suo carico la corruzione per le pressioni politiche che avrebbe ricevuto dall’onorevole e avvocato barcellonese Tommaso Calderone, attraverso anche l’intermediazione del suo segretario particolare, Alessio Arlotta, che a sua volta dialogava con la segretaria del manager (“... ha detto l’avvocato le deve fare og... sub..., tra oggi e domani, senza remissioni di peccati, perché se no gli dici che domani spuntiamo là e lo prendiamo a pedate nel culo, proprio così gli puoi dire, perché ora ha rotto i coglioni lui...”).
Nel pomeriggio del 13 settembre scorso Alagna accompagnato dai suoi due legali di fiducia, gli avvocati Flavia Buzzanca e Alessandro Pruiti, era rimasto a lungo nella stanza della gip Ornella Pastore, ed aveva risposto per circa due ore alle domande della giudice e della pm Roberta La Speme, che era presente per la Procura (nel caso della richiesta di misura interdittiva della sospensione dalle funzioni la procedura prevede un interrogatorio prima della decisione e uno eventualmente anche dopo, n.d.r.).
La gip Pastore in sostanza ha rigettato la richiesta perché non ha ravvisato a carico del manager il reato di corruzione, e soprattutto scrive che a suo giudizio non ci sono gli elementi per definire la nomina di Alagna a direttore sanitario dell’Asp nel 2020 (nomina decisa dall’allora dg La Paglia su ipotetiche pressioni dell’on. Calderone), “indebita”, come sostiene la Procura, non sarebbe cioé stato dimostrato durante le indagini. In sostanza - scrive la gip -, tutto questo dà conto di un “malvezzo politico” ma non integra alcuna fattispecie penale, in assenza di elementi che consentano di affermare che la nomina dell’Alagna da parte del La Paglia sia avvenuta indebitamente per effetto delle pressioni del Calderone.
Ma è solo la prima fase di questa storia perché dopo l’appello presentato dalla Procura per contestare le decisioni della gip tutto finirà davanti ai giudici del Riesame, e poi presumibilmente in Cassazione.
Intanto emergono altri particolari dell’indagine della Guardia di Finanza, che ha riguardato negli anni passati, e a lungo, l’intera attività dell’Asp, sin dalla gestione La Paglia. Gli indagati sono complessivamente tredici e per vicende parecchio diverse tra loro, ma è chiaro che siamo nella prima fase processuale e le cose potrebbero cambiare, per esempio anche con l’archiviazione di alcune posizioni da parte della Procura, oppure dopo la decisioni dei giudici del Riesame sull’appello della Procura.
Un dato certo è che allo stato ci sono tredici indagati, compresi l’ex commissario dell’Asp Alagna e i quattro medici assunti dall’Asp per l’emergenza Covid, di cui si siamo già occupati nelle scorse settimane.
Gli altri nomi. Si tratta per le vicende sanitarie dell’ex dg dell’Asp di Messina Paolo La Paglia, che a suo tempo dopo la gestione della pandemia tra città e provincia e la sua “cacciata” (fu dichiarato decaduto dall’allora governatore Musumeci nell’aprile del 2021, n.d.r.), si presentò in Procura per rendere dichiarazioni spontanee; del parlamentare barcellonese e avvocato Tommaso Calderone (oggi è deputato nazionale ma i fatti contestati si riferiscono alla sua permanenza all’Ars come deputato regionale, n.d.r.); del segretario particolare del parlamentare, Alessio Arlotta; dell’infermiere in servizio all’ospedale di Barcellona Felice Giunta; del dipendente della ditta Medimed Alessandro Amatori. Si tratta di vicende legate alla gestione ospedaliera tra l’Asp e il plesso di Barcellona.
C’è poi inserita nell’ambito di questa inchiesta una vicenda che vede indagati per abuso d’ufficio, ma anche qui si potrebbe registrare l’archiviazione, l’ex sindaco Renato Accorinti, l’ex direttore generale dell’Asp di Messina Gaetano Sirna e il direttore pro-tempore dell’Istituto Don Orione Marco Grossholz. Secondo la Procura, in sintesi, nel 2018 avrebbero sottoscritto un protocollo d’intesa senza il parere della Regione Siciliana, e per una struttura non accreditata presso la Regione Siciliana, che impegnava l’Asp per 350mila euro e il Comune per 100 euro al giorno per ogni utente, per realizzare il progetto di assistenza di anziani e disabili, che è la mission del Don Orione. Il cosiddetto “ingiusto profitto” secondo l’accusa ammonterebbe a quasi sei milioni di euro per il Don Orione.
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