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Femminicidio Musarra: adesso cambia lo scenario accusatorio di Ioppolo

La Cassazione ha disposto un annullamento con rinvio alla corte d’appello di Reggio Calabria, solo per valutare la sussistenza o meno dell’aggravante sui motivi “abietti e futili”

Nell’alfabeto giudiziario di ogni omicidio l’aggravante dei cosiddetti “motivi abietti e futili” è quasi sempre sul tavolo della discussione al processo, mentre l’aula è dilaniata tra la povera vittima e l’imputato. E nei freddi calcoli di ogni sentenza la sussistenza o meno di quest’aggravante per molti incomprensibile, citata nei paragrafi codicistici del delitto, fa dipendere la scelta di una pena più dura o più lieve.
È proprio questo il punto centrale della decisione della Cassazione dell’altro pomeriggio, nel terzo grado di giudizio per il 30enne Cristian Ioppolo, accusato reo confesso del femminicidio di Alessandra Musarra, la sua ex trovata morta nella sua abitazione il 7 marzo del 2019, in contrada Campolino di S. Lucia sopra Contesse.
In corte d’assise d’appello i giudici a Messina nel maggio del 2022 lo hanno condannato all’ergastolo. Hanno confermato anche le provvisionali - i risarcimenti immediati -, concesse in primo grado, e disposto il risarcimento nei confronti delle parti civili. Ioppolo, aveva 26 anni quando venne arrestato. Era stato il compagno della Musarra ma la loro relazione era finita da tempo quando si verificò l’omicidio. Inizialmente la prima ricostruzione degli inquirenti avvalorò la tesi che l’uomo avesse ucciso Alessandra con calci e pugni, ma una successiva perizia affidata in primo grado dalla corte d’assise, visti i contrasti tra i vari consulenti chiamati in causa, stabilì che la giovane morì strozzata.
Adesso però lo scenario cambia. La prima sezione penale della Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso di uno dei suoi difensori, il prof. Carlo Taormina, che lo assiste insieme all’avvocato Alessandro Billè, e ha disposto un annullamento con rinvio alla corte d’appello di Reggio Calabria, solo per valutare la sussistenza o meno dell’aggravante sui motivi “abietti e futili”.
I giudici hanno poi condannato Ioppolo a rifondere le spese di rappresentanza e difesa per le parti civili, i familiari di Alessandra Musarra, che sono stati rappresentati nella vicenda dagli avvocati Oleg Traclò, Antonio Centorrino e Cettina La Torre.
Che significa in concreto? Che se la “nuova” corte d’appello dovesse escludere l’aggravante in questione la massima pena per Ioppolo potrebbe essere in teoria decisa fino a 21 anni di reclusione, cancellando di fatto l’ergastolo.
Il 27 maggio del 2022 la corte d’assise d’appello di Messina confermò l’ergastolo inflitto in primo grado. E dopo le tensioni in aula palpabili ad ogni udienza del primo grado, il procedimento fu caratterizzato da polemiche durante l’appello, visto che il procuratore generale Felice Lima propose di “cancellare” la condanna all’ergastolo per Cristian Ioppolo con l’istituto del “concordato”, poi rifiutato dallo stesso imputato, e quindi tornando nell’alveo della procedura normale aveva invocato la condanna a 24 anni di reclusione. Poco dopo la morte di Alessandra, infatti, entrò in vigore la normativa in base alla quale non è possibile accedere al rito abbreviato per gli imputati di femminicidio.
Per i giudici di primo grado - le motivazioni vennero depositate nel novembre del 2021 -, c’era solo Ioppolo sulla scena del crimine. Sulla bilancia dei fatti contava la sua prima confessione, e non la «fragile ritrattazione». «Nella lettura offerta dal pm - scrissero i giudici -, e dai difensori delle parti civili, le emergenze sin qui passate in rassegna, specie ove oggetto di sistematica considerazione, integrano gli estremi di un compendio dotato di granitica valenza dimostrativa, idoneo, in quanto tale, a legittimare, oltre ogni ragionevole dubbio, una ricostruzione della vicenda oggetto della presente verifica pienamente coerente all’assunto accusatorio».

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