Messina

Domenica 22 Dicembre 2024

«C’è una vera emergenza carceri», operatori della giustizia e avvocati a confronto a Messina

Il rischio di ritornare in cella per chi ha scontato la pena in carcere sarebbe dell'ottanta per cento. Un dato allarmante che stride con il sovraffollamento delle carceri italiane, pari al 119 per cento, facendo convergere sulla necessità di potenziare il ricorso alle pene alternative (detenzione domiciliare, braccialetto elettronico, servizi sociali), se la tipologia del reato lo permette. Il tema è stato al centro della conferenza “In carcere: la condizione dei detenuti tra sofferenza e oblio”, tenutasi nell'aula magna della Corte d'Appello del Tribunale di Messina, promossa dall'Ordine degli avvocati, con la partecipazione dell'ex deputata al Parlamento ed ex segretaria del Partito Radicale, Rita Bernardini, oggi presidente della Ong “Nessuno tocchi Caino” contro la tortura. Un focus per esplorare il pianeta carcere, al quale hanno preso parte addetti ai lavori ma anche gli studenti di tre Istituti superiori della città, Jaci, Maurolico e Bisazza e numerosi avvocati praticanti. «L'espiazione della pena – ha affermato Paolo Vermiglio, presidente dell'Ordine degli avvocati – non può prescindere dalla dignità della persona e dal rispetto dei diritti umani fondamentali. L'avvocatura è garante di diritti e il soggetto condannato è soggetto di diritti con alle spalle una storia di vita che va rispettata senza atteggiamenti di semplificazione e supponenza». Rendere più umano il carcere è un dovere Costituzionale e il contrario ne rappresenta una violazione, espressa anche con frasi del gergo comune “Buttate via la chiave”, “Deve marcire in galera”. Un punto fermo per Rita Bernardini, personalità nota per il suo continuo peregrinare nelle carceri italiane al fine di constatare le condizioni di vita dei detenuti, come ha ricordato Nuccio Anselmo, giornalista della Gazzetta del Sud, che ha moderato i lavori. «Nel nostro Paese – ha detto l'ex deputata – ci sono 58 mila 600 detenuti su 48 mila luoghi di pena. Si registra un surplus di diecimila presenze in più, di contro agli organici carenti della polizia penitenziaria. Una guardia giurata ogni 1,8 detenuti, insufficienza di risorse e strutture, che si traduce nel degrado e quindi nella violazione dei diritti umani fondamentali. Prima di venire qui, con i due dirigenti Sergio D'Elia e Elisabetta Zampuritti di “Nessuno tocchi Caino”, siamo andati a visitare la Casa circondariale di Arghillà, uno dei due istituti di pena di Reggio Calabria. Per arrivarci abbiamo attraversato una discarica di rifiuti che già ci faceva immaginare cosa avremmo trovato. Del Carcere di Messina, visitato più di dieci anni fa ricordo invece lo squallore dell'area che era definita la sosta. Un nome che mi ha fatto pensare a uno spazio verde magari con alberi invece di un enorme stanzone con letti a castello fino a sei, sette piani dove venivano temporaneamente portati i detenuti. Uno su due ha una pena da scontare inferiore ai due anni e non dovrebbero andare in cella, perché il carcere non è l'unico luogo per l'espiazione della pena. L'anno scorso abbiamo avuto 84 suicidi, un numero. record, quest'anno siamo già a 53. Gesti estremi avvenuti nelle sezioni di isolamento e nei primi giorni di prigionia. Altro dato che ci invita a riflettere sulle condizioni di degrado dei penitenziari che dobbiamo rimuovere, facendo rete attorno al detenuto e al rispetto dei suoi diritti di essere umano». Il lavoro complesso fatto di tante criticità ma pure di progressi, di chi tra sfide e difficoltà ogni giorno deve far funzionare la macchina che ruota intorno al detenuto, è stato ampiamente discusso da Francesca Arrigo, da due anni presidente del Tribunale di sorveglianza di Messina: «La condizione della detenzione è certamente migliorata negli ultimi dieci anni, ma non i problemi di risorse e strutture che rimangono pochi. Il carcere è un mondo dalla gestione non facile. La realtà del nostro distretto è alquanto complessa, ci sono le Case circondariali di Messina e Barcellona Pozzo di Gotto e poi ci sono le Rems che andrebbero potenziate. Non tutti i detenuti, infatti, transitano direttamente dal carcere. Prima di decidere la modalità di espiazione delle pene, devi conoscere attraverso i colloqui degli specialisti, assistente sociale, educatore, psicologo, medico. C'è un principio imprescindibile , però, l'esecuzione delle pene deve avvenire sempre nel rispetto del diritto alla rieducazione del condannato che deve acquisire consapevolezza del reato che ha commesso». Angela Sciavicco, dirigente dal 2019 della Casa di Gazzi afferma: «Non esiste solo il carcere che non è detto debba esistere per sempre. Ci sono le pene alternative che costano. Ma anche la detenzione ha un costo. Il distretto di Messina è uno dei più complessi del Sud per la notevole varietà di detenuti che vi confluiscono anche per la diversità delle pene da scontare. In questo momento il carcere di Gazzi ospita duecento detenuti circa, prima erano in quattrocento. Non tutti i detenuti transitano dal carcere. La situazione è migliorata come sono nettamente migliorate le condizioni di chi sta in prigione. Non ci sono più gli stanzoni con i bagni e la cucina divisi solo da un muretto, le docce in comune, l'acqua fredda. Lavoriamo per rendere il carcere più umano nel rispetto dei diritti primari della persona. Ricordiamoci – ha concluso – che lo stato di salute del carcere è una questione che riguarda tutti, perché non è così lontano da nessuno di noi. Chiunque per motivi o situazioni imprevedibili potrebbe averne a che fare». L'avvocato Nunzio Rosso del Foro di Messina: «Discutiamo da decenni della necessità di costruire nuovi carceri, ammodernare quelli esistenti, potenziare le Rems, mentre prosegue l'emergenza. Capita dunque che un detenuto incensurato rimanga venti giorni nell'impossibilità di mangiare, perché ha un problema con la protesi ai denti e poi si prende anche la tubercolosi. Di cosa continuiamo a parlare quindi?». Sulla mancanza di una volontà politica a risolvere la questione è intervenuta anche l'avvocata Letizia Valentina Lo Giudice: «Per svuotare i penitenziari basterebbe semplicemente fare ordine, distinguendo su ciò che è oppure non è una pena. Ribellatevi sempre contro le gravi violazioni dei diritti fondamentali e lottate le ingiustizie», ha detto ai numerosi studenti presenti in sala.

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