Lo scenario originario è un sedicenne che aggredisce un boss di Mangialupi, dopo una lite per strada, non sapendo chi fosse. E lui che non può certo “tenersela”, vista la pessima figura fatta davanti agli altri. E quindi organizza un agguato per rispondere. E manda altri due a sparare. È questo il contesto del tentato omicidio di Bisconte del 2019 ai danni di Giuseppe Molonia, il parente del sedicenne che era seduto sulla porta di casa del congiunto, quella sera, e si beccò le pallottole, forse al posto del ragazzino. Un contesto che ha visto nella tarda serata di ieri una sentenza d’appello che in parte cambia il verdetto di primo grado. In due parole si potrebbe dire certezza sul mandante, forti dubbi sull’esecutore materiale. Tanto forti che l’imputato alla fine è stato assolto, e la camera di consiglio che è andata avanti sino alle 21.30 parla proprio di questo. E questo a fronte del fatto che l’accusa, c’era la sostituta procuratore generale Adriana Costabile, aveva chiesto la conferma del verdetto di primo grado. Alla sbarra per questo fatto c’erano Rosario Grillo e Giovanni D’Arrigo, entrambi messinesi e 46enni, parecchio noti alle forze dell’ordine. In questa nuova vicenda erano accusati di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, detenzione e porto abusivo di arma. Grillo come mandante e D’Arrigo come esecutore. C’era nel processo tra gli imputati anche Molonia, la vittima, doveva rispondere di favoreggiamento per aver cercato di imbrogliare le carte durante le indagini con le sue dichiarazioni. I tre sono stati assistiti dagli avvocati Salvatore Silvestro e Tino Celi (Grillo), Francesca Giuffrè (D’Arrigo) e Antonello Scordo (Molonia). La sentenza della sezione penale della corte d’appello presieduta dal giudice Alfredo Sicuro, e composta dai colleghi Carmine De Rose e Antonino Giacobello, parla chiaro. Per Grillo i giudici hanno ridotto la pena dai 16 anni del primo grado a 14 anni, perché hanno escluso l’aggravante mafiosa; per Molonia hanno confermato la condanna a 2 anni per il favoreggiamento; e infine, il colpo di scena, D’Arrigo è stato assolto con formula piena «per non aver commesso il fatto». Questo significa che per i giudici d’appello non ci sono le prove che quella sera sia stato lui a sparare. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina