In quella che ormai si sta delineando come una "Guerra per l'acqua", c'è un solco che divide due fazioni dei 108 Comuni della Città metropolitana di Messina: da un lato, si stagliano i 14 Enti locali che sventolano fieri il foglietto del "Regime di salvaguardia" e quindi proseguiranno nel solco della gestione autonoma; dall'altro, i restanti 94 centri, capoluogo compreso, la maggior parte dei quali avversa il futuro delineato dall'Ati Messina. Del primo insieme fanno parte Roccafiorita, Tripi, Leni, Motta d'Affermo, Antillo, Limina, Santa Marina di Salina, Basicò, Raccuja, Alì, Mojo Alcantara, Malfa, Ucria e Floresta. Il borgo nebroideo più alto della provincia peloritana è stato l'ultimo ad avere ottenuto lo "status" che a maggior ragione oggi - con l'iter di rinnovamento in pieno svolgimento - reclamano molti. Gli è stato riconosciuto il 15 gennaio del 2021, mentre - come riporta il sito internet istituzionale dell'Assemblea territoriale idrica di Messina - la richieste di Capizzi, Pagliara, Sant'Alessio Siculo, Mirto, Frazzanò, Castel di Lucio, Spadafora, Rometta, Motta Camastra, Pettineo e Itala non hanno trovato accoglimento.Per i 94 Comuni si prospetta la partecipazione a un maxi Sistema idrico integrato, gestito dalla società mista pubblico-privata Messinacque spa. Adesione avvenuta (in pochi casi) tramite delibere approvate dai rispettivi Consigli o atto d'imperio (nella maggior parte delle circostanze) da parte dei vari commmissari inviati dalla Regione.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina