L’ultimo atto conosciuto era la maxi perquisizione che la Guardia di Finanza effettuò la mattina del 24 novembre 2020 nel palazzo in pieno centro della Banca di Credito Peloritano, soprattutto per guardare tra i conti e le operazioni di uno dei suoi soci eccellenti dell’epoca, l’imprenditore Antonino Giordano, già nei guai giudiziari per altre inchieste.
L’attività di polizia giudiziaria si rese necessaria - precisò all’epoca la Procura in una nota visto il clamore della perquisizione - , al fine di acquisire agli atti del fascicolo elementi fondamentali per la cristallizzazione delle eventuali responsabilità penali ipotizzate nei confronti degli indagati. Il novero degli indagati coinvolti era all’epoca di 17 persone tra imprenditori, bancari, professionisti e prestanome, e i reati ipotizzati erano parecchi: ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio. Oggi, a distanza di quasi tre anni da quel blitz, e con in mezzo il patteggiamento della Banca di Credito Peloritano come persona giuridica, che quindi è “uscita” definitivamente dalle indagini, c’è da registrate l’atto di chiusura delle indagini preliminari per questa maxi inchiesta, siglato dal sostituto procuratore Alessandro Liprino, che riguarda in tutto nove persone tra imprenditori, bancari professionisti e prestanome. Si tratta dell’imprenditore Antonino Giordano; di quattro prestanome di Giordano per le varie operazioni societarie, ovvero Mario Arena, Andrea Caristi, Sergio Gentilepatti, Roberto Rodilosso; dell’organizzatore legale del GF TRUST di Malta Placido Arrigo; dell’amministratore della GDH Srl Giuseppe Denaro; e infine dei funzionari di banca, all’epoca in servizio alla BCP, Giuseppe Latella e Oscar Papalardo.
Sono assistiti in questa fase dagli avvocati Isabella Barone, Domenico Cavaliere, Elena Montalbano, Mario Restivo, Nicola Giacobbe e Pietro Granata.
Adesso sono rimasti in piedi essenzialmente i reati di riciclaggio, elusione delle misure di prevenzione, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, e c’è un caso di truffa singolare: secondo la Procura Giordano si fece assumere da una sua ditta come dipendente e percepì per un periodo, nel 2020, l’indennità di disoccupazione, dopo il licenziamento fittizio.
Al centro di questa inchiesta ci sono le operazioni economico-finanziarie per centinaia di migliaia di euro che Giordano avrebbe compiuto, anche con le sue entrature dell’epoca nell’istituto di credito, per mettere in atto una strategia ben precisa: occultare una parte ingente dei capitali della sua holding ed evadere le tasse.
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Le operazioni del gruppo Giordano all’interno della Banca di credito peloritano. L’attività dell’imprenditore e dei suoi prestanome
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