«Ci sono documenti che andrebbero “mandati a memoria” dagli amministratori pubblici perché delineano le basi razionali dell’agire nell’interesse della collettività. Così da evitare estemporanee iniziative che, pur singolarmente apprezzabili, esulano dall’ambito di una strategia generale che deve caratterizzare il territorio nel quale gli amministratori sono chiamati a operare». È la premessa del documento firmato dalla Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno, uno dei soggetti che più si sta battendo perché un’opera di dimensione sovra-europea, quale il Ponte sullo Stretto, diventi anche «una grande opera territoriale», cioè un’occasione unica per l’intera area metropolitana di Messina, così come di Reggio, e per il suo rilancio e sviluppo socio-economico. Un’occasione preziosa anche per ridisegnare radicalmente le politiche di pianificazione urbana, inserendole in un’unica visione strategica, come dovrebbe accadere anche per il sistema integrato dei trasporti e della mobilità. La Rete civica fa riferimento, poi, all’articolo pubblicato sulla Gazzetta, a firma di Sebastiano Caspanello, nel quale sono state riassunte le linee guida della portualità nello Stretto, tracciate dal presidente dell’Autorità di sistema, Mario Paolo Mega. «Non è compito di Rete civica – spiega l’ing. Giovanni Mollica, uno dei fondatori, insieme con l’avvocato Fernando Rizzo – approvare o contestare la visione politica che lega il “Dpss” (Documento di programmazione strategica di sistema) e il “Pot” (Piano operativo triennale): era ora che si prendesse atto che tutto ciò che riguarda lo Stretto, e non solo (come dimenticare i richiami dell’architetto Dario La Fauci, vecchi di quindici anni, sull’importanza di una programmazione di Area vasta?), piaccia o non piaccia, deve tenere conto della presenza di un Ponte che è ormai nei programmi del Governo di questa Repubblica, dell’Unione europea e dello stesso mondo occidentale. Che sembrano finalmente avere compreso la valenza planetaria dell'opera. Adesso tocca a noi, messinesi e reggini, – insiste la Rete per le infrastrutture – prendere coscienza di ciò che sta accadendo; senza lasciarci deviare da strumentali argomentazioni che ne immiseriscono la rilevanza storica». E qui il riferimento “velato” è a coloro i quali continuano a vedere solo un singolo aspetto di questa grande infrastruttura – che sia l’impatto ambientale, la questione del paesaggio, il rischio di infiltrazioni mafiose, il solito elenco delle doglianze sugli “altri problemi” sofferti da siciliani e calabresi... – e non riescono a coglierne la visione strategica generale. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina