Dietro le quinte del teatro Vittorio Emanuele per tutti è sempre stata “‘a mammuzza”, un nomignolo che descriveva perfettamente la sua indole premurosa e la precisione con la quale assisteva artiste e artisti prima di entrare in scena e durante lo spettacolo. Classe 1948, abruzzese d’origine (nata a L’Aquila), Angela Mangano è giunta nella città dello Stretto quando aveva 12 anni; il tratto delicato ma schivo rivela l’indole di una donna che ha sempre scelto di stare lontana dai riflettori; a parlare per lei le sue mani, intente a muoversi con maestria fra stoffe e telai.
Inizia a lavorare a macchina a soli 7 anni, sotto la guida attenta della zia Dina che la aiutava a fare la spoletta. «Per me ogni creazione è sempre stata un momento sacro nel quale il capo prende forma, un prodigio d’amore che si rinnova ogni volta, ma soprattutto una parte di me donata a chi lo indossava».
È commossa nel pronunziare queste parole, mentre tra le mani regge un lenzuolo di canapa bianca; si tratta di una preziosa stoffa appartenuta alla bisnonna, custodita per anni nel baule della sua camera da letto. Da quella trama fitta e sostenuta è nato il primo degli abitini della Vara, la tunica della Madonna Assunta che, assieme a quella di Gesù, Angela ha creato alcuni anni fa su richiesta del compianto mons. Vincenzo D’Arrigo, storico cappellano della “machina” votiva simbolo della devozione dei messinesi. L’abbiamo incontrata a casa sua al villaggio Annunziata e con lei in un susseguirsi di emozioni abbiamo ripercorso un pezzo di storia della città. L’ultima volta è stato nel 2018 quando Angela confezionò gli abitini per i 40 angeli rotanti montati sulla struttura retta dal cippo. «Non è stato semplice vestirli data la particolare struttura, le stoffe andavano sagomate lasciando lo spazio necessario a far passare le ali», spiega. Dal taglio della base alle impunture, fino alla rifinitura con i bordi dorati, un lavoro complesso e minuzioso quello del confezionamento – soprattutto per quanto riguarda Gesù e la Madonna che indossa anche una pregiata biancheria intima in millerighe – tanto quanto la vestizione. I primi anni Angela veniva imbracata e fatta salire sulla sommità per vestire i personaggi una volta montati: «Padre D’Arrigo alla base del cippo mi scortava e i tecnici mi raccomandavano di non guardare in basso, ma io ero serena, completamente immersa nella delicata operazione che durava anche ore».
La testimonianza di questa piccola grande donna è uno dei ricordi più belli legati al sacerdote, per il quale negli anni ha avuto la gioia di confezionare diversi paramenti sacri: «Voleva essere assecondato in tutto ciò che faceva, spesso borbottava, ma era impossibile dirgli di no», rivela. Tra qualche giorno il prodigio della vestizione si ripeterà: l’Amministrazione comunale ha voluto che fosse Angela ad occuparsene; e il 15 agosto, quando a ogni “scasata” la tunica aleggerà al vento in corsa subito dopo la fermata, il nostro pensiero andrà non solo al mitico “mons. Vara”, ma anche alla “mammuzza”, nascosta fra la folla ad ammirare le sue meravigliose creazioni.
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia