Il procedimento penale scaturito dal duplice omicidio di Camaro fa segnare una tappa fondamentale nell’iter dibattimentale. Nell’aula della Corte d’assise di Palazzo Piacentini è stato sentito Bartolo Mussillo, già condannato per favoreggiamento. Nell'udienza del processo a carico di Claudio Costantino, accusato dell'uccisione di Giovanni Portogallo e Giuseppe Cannavò, a causa del tragico conflitto a fuoco che macchiò la domenica del 2 gennaio 2022, i difensori dell’imputato, gli avvocati Carlo Taormina e Filippo Pagano, hanno sentito dapprima una guardia giurata in servizio al Pronto soccorso dell’ospedale Piemonte il giorno dei fatti. Il teste ha dichiarato di aver notato un giovane appoggiato ad un muro, e poi identificato in Giuseppe Cannavò, che ha pronunciato la frase: «Mi hanno sparato». Il giovane, quindi, sarebbe poi stato visitato dai medici che gli hanno prestato le cure del caso. Il testimone ha altresì dichiarato di non aver visto alcun’altra persona accompagnare il ferito. Quindi, è stata la volta di Bartolo Mussillo, assistito dall’avvocato Giuseppe Bonavita. Le parti hanno chiarito alla Corte, presieduta dal giudice Massimiliano Micali (a latere Alessia Smedile) la posizione processuale del teste, in relazione alla vicenda che vede imputato Costantino appunto.
La Corte ha acquisito le sentenze e il verbale di sommarie informazioni rese a suo tempo da Mussillo, ancor prima di acquistare la qualifica di indagato. È stato quindi sentito con le guarentigie previste dall’articolo 197 bis del Codice di procedura penale, per cui rispetto alle domande che hanno costituito l’oggetto della sentenza di condanna ha avuto la facoltà di non rispondere, mentre con riferimento ai rimanenti interrogativi è stato chiamato a chiarire alcune circostanze. Ha pertanto ricostruito le fasi precedenti la vicenda di sangue, fino al punto in cui si era recato in un vicino panificio di Camaro San Luigi. Per le azioni successive, si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre è tornato a parlare su ciò che ha seguito i colpi di pistola in via Eduardo Morabito, riferendo di avere aspettato e trasportato Giuseppe Cannavò (non indicato con nome e cognome) all’ospedale Piemonte, di aver saputo che il cognato Portogallo era a terra, di aver lasciato lo stesso Cannavò nel nosocomio di viale Europa e di essersi recato a casa perché impaurito e di non essere ritornato sui luoghi.
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