Nessun commento ufficiale sul “terremoto” alla Fondazione Lucifero, anche se gli otto indagati avrebbero, a microfoni spenti, evidenziato di essere sereni dopo aver ricevuto l’informazione di garanzia, ritenuta “atto doveroso” a seguito del sequestro di atti all’interno degli uffici dell’Ipab. L’unico a parlare, seppur affidando il proprio pensiero ad un social, monsignor Santino Colosi, il quale ieri ha preso parte alla prevista riunione del Consiglio di amministrazione della Fondazione «con spirito assolutamente sereno e propositivo» e di aver provveduto a nominare un legale di fiducia «per necessità». «L’ordinario del luogo che mi ha designato, a suo tempo, per questo servizio, è informato da me sulle vicende e le trame tessute da soggetti attualmente “anonimi”». E conclude sottolineando quanto sia importante «annotare la presunzione di innocenza». Parole che mettono in risalto l’amarezza di chi mai immaginava di ritrovarsi in una situazione così delicata. L’ipotesi contestata dalla Procura di Barcellona è infatti pesante, addirittura il “riciclaggio”. E l’acquisizione dei documenti sarà finalizzata a verificare «le entrate conseguite dalla Fondazione, la provenienza di queste ultime e la loro reale destinazione». Al centro dell’indagine vi sarebbe la gestione di terreni e in particolare la locazione di alcuni a prezzo relativamente bassi, altri a prezzi rilevanti. E poi si cerca di capire come siano avvenute queste assegnazioni, la tipologia di rapporto anche con i soggetti che operano nell’ambito della Fondazione. L’inchiesta, i cui contenuti ovviamente sono “top secret”, sarebbe altra cosa rispetto a quella avviata lo scorso anno dalla guardia di finanza. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina