Daniel Libeskind e l'architettura del Ponte sullo Stretto: un'esperienza spirituale di condivisione
Condivisione. Se si volesse riassumere in una parola chiave la prima giornata di Thinkingreen, il salotto dell’economia sostenibile voluto dall’Ordine degli architetti e che “accompagna” i Nations Award di Taormina, condivisione sarebbe quella giusta. Il tema portante è il Ponte sullo Stretto, i suoi riflessi sul territorio, l’impatto e la rigenerazione urbana ad esso connessa. Ma prima di tutto viene, appunto, la condivisione. Daniel Libeskind, l’archistar che nel 2010 venne chiamato a ridisegnare l’area calabrese di “approdo” del Ponte, è l’ospite d’onore e ne parla in termini di esperienza, al fianco di un architetto-artista come Marcello Sèstito. E Giacomo Francesco Saccomanno, da qualche settimana componente della “nuova” Stretto di Messina, la invoca in termini istituzionali e non solo, una sorta di appello ai territori affinché, appunto, condividano il percorso che porterà al Ponte. Quella di Libeskind è una vera e propria lezione di architettura, di fronte ad una platea di tecnici e non solo. Il punto di partenza è il progetto realizzato ormai più di dieci anni fa per il centro direzionale “Ponte sullo Stretto”, sulla sponda calabra. Una delle famose opere connesse. «Molte cose sono cambiate da allora – esordisce –, ma questo è un progetto di più ampio respiro». La presentazione di quel progetto, di quelle tavole e dei suoi immaginifici rendering, diventa, così, l’occasione per narrare il Ponte anche attraverso rimandi letterari (Kafka) e filosofici (Heidegger): «Il filosofo tedesco – ricorda l’architetto polacco, naturalizzato statunitense, prima firma di alcuni tra i progetti più importanti al mondo – diceva che un ponte non è solo una congiunzione di un punto A con un punto B, ma è l’essenza dell’umanità». Secondo Libeskind «è un’esperienza spirituale, perché include tutte le esperienze spirituali che le persone vivono mentre lo attraversano». Ma soprattutto è, appunto, condivisione: «Non è solo un segmento, il Ponte, ma tutto ciò che può rappresentare in termini di comunità, è un luogo di incontro e di socializzazione». Tanto in Sicilia quanto in Calabria «gli spazi pubblici devono essere concepiti come l’essenza dello stare insieme, del condividere». L’estrema sintesi con cui conclude Libeskind: «Il Ponte non è un luogo di passaggio, ma un luogo da vivere». Condivisione e partecipazione sono le parole più utilizzate anche da Saccomanno, che da leghista doc non può che sottolineare come oggi «ci sia una volontà politica forte affinché il Ponte si realizzi in tempi brevissimi. E tutto questo passa dagli uomini del sud. Siamo noi che dobbiamo pensare a noi. E siamo noi che dobbiamo, con intelligenza, utilizzare al meglio le risorse». Secondo Saccomanno «il Ponte potrebbe essere il momento in cui i nostri ingegneri, i nostri architetti e le nostre imprese tornano a essere i punti di riferimento che sono stati nel passato. Ma questo progetto deve essere condiviso con le amministrazioni locali, con i cittadini, perché trasforma il territorio e deve trasformarlo nel migliore dei modi». Elemento fondamentale deve essere l’integrazione con l’alta velocità ferroviaria, «perché senza il sistema economico non reggerebbe», anche se evocarla, visto che ad oggi in Sicilia non è prevista, potrebbe essere un autogol. «La Sicilia – continua Saccomanno – deve cominciare a lavorare non tanto sul singolo svincolo o la fermata, ma sui collegamenti tra Messina e Palermo, Catania, Siracusa». Il rischio di infiltrazioni mafiose? «Non deve essere un alibi, anzi, dobbiamo sfidarla, la criminalità organizzata. Non possiamo permetterci incidenti di percorso».