Domani, ultimo giorno utile, il Comune di Messina presenterà la risposta alla severa relazione della Corte dei Conti sull’adesione al piano di riequilibrio. Una nota di oltre 200 pagine (la relazione dei magistrati contabili è di 106) dalla quale dipende il futuro di Palazzo Zanca al bivio fra la possibilità di poter uscire dal predissesto in un cui è da una dozzina di anni e il fallimento.
L’iter si concluderà il 18 luglio con il contraddittorio con il sindaco, ma il grosso della linea difensiva deve venire fuori da questa risposta. E ieri mattina Federico Basile ha voluto informare il consiglio comunale (in concreto il confronto è avvenuto in commissione bilancio) sulla strategia che è stata impostata e sulle risposte che saranno date ai diversi appunti mossi dalla Corte dei Conti palermitana.
«La prima richiesta di piano di riequilibrio risale al 2012 – dice Basile – e dopo ci sono state 5 rimodulazioni. Ma la condizione di deficit strutturale dell’ente risale a diversi anni prima, solo che il 2012 è l’anno in cui è stato messo un punto fermo. Ma l’abbattimento reale dei debiti è iniziato – sottolinea con un frecciata politica – solo nel novembre del 2018 con la rinuncia dei creditori al 50% o la rateizzazione. La massa debitoria che prima era di 550 milioni di euro, adesso è attorno ai 100 milioni. Voglio sottolineare come l’Ente dal 2013 non ha più sforato i parametri ma restano i debiti da pagare e noi siamo riusciti, non sol ad accantonare i fondi ma a migliorare anche i servizi, vedi differenziata e Atm. Sapevate che in 4 anni abbiamo fatto 88mila accertamenti tributari per 150 milioni e nei precedenti 7 solo 8000 per 36mln».
E poi i dati sui debiti fuori bilancio che da soli valgono 100 pagine di risposta. «Quelli lettera A, cioè con sentenza esecutiva, erano 112 milioni di euro adesso non ci sono accordi per soli 25 milioni e questo anche grazie al lavoro del Consiglio, ma non basta pagare i debiti, ma conta l’andamento amministrativo e dal 2012 al 2018 è stato fatto poco». E poi le considerazioni più generali sull’esito dell’esame. «L’ente non è più in deficit strutturale e dopo 10 anni i parametri lo vedono fuori dal dissesto. Le spiegazioni che abbiamo dato se non ci danno certezza, ci rendono assolutamente fiduciosi sull’esito. Dal 2019 al 2022 abbiamo riconosciuto e finanziatto oltre 80 milioni di debiti. Con questo ritmo, nel 2024 li avremmo estinti tutti, senza crearne altri».
Dai banchi le domande di Gioveni, La Fauci e Russo. Ed è con la consigliera dem che c’è stato il dibattito più acceso. «Leggere la relazione della Corte, mi ha preoccupato. Ci sono decine di punti esclamativi dei giudici e mi auguro che lei li possa aver rassicurati– dice Russo –. Per esempio le economie sui mutui dovevano andare agli investimenti e sono andati in spesa corrente».
«La norma ce lo consentiva con una deroga» risponde Basile. «Sono solo due i debiti lettera E trattati, contro i 1195 lettera A» dice la democratica. «Perché molti sono diventate sentenze esecutive o non c’è più il creditore perché ha chiuso l’azienda. O ancora perché stiamo trattando. Un esempio? C’è un contenzioso da 87 milioni (Ricciardello Costruzioni, ndc) con possibilità di soccombenza per 37 mln. Stiamo trattando una riduzione ulteriore in sette anni senza sentenza». E sempre rispondendo alle sollecitazioni di Antonella Russo e di Libero Gioveni, Basile dice «Abbiamo espunto i debiti con le partecipate perché non siamo noi l’ente responsabile. Come pagheremo i servizi sociali per il periodo del riequilibrio? Abbiamo 71 milioni di euro di fondi extrabilancio fino al 2027 e oggi solo un milione è a carico del Piano, ce la faremmo anche senza. e ricordiamo che abbiamo 36 milioni di prestito che non abbiamo nemmeno usato».
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