Lite per pass disabili sfociato nel duplice omicidio di Ucria, a Russo 30 anni anche in appello
Trent’anni di reclusione. Condanna di primo grado integralmente confermata dalla Corte d’assise d'appello di Messina al macellaio 32enne di Paternò Salvatore Russo, accusato del duplice omicidio della sera di Ferragosto del 2019 quando, a Ucria, furono uccisi Antonino “Nuccio” e Fabrizio Contiguglia, rispettivamente di 62 e 27 anni, zio e nipote. Una vicenda sfociata in tragedia per una banale lite per un pass auto da invalidi nel pieno centro di Ucria. Il collegio penale presieduto dal giudice Carmelo Blatti ha anche confermato le assoluzioni decise sempre in primo grado con la formula «perché il fatto non sussiste», per gli altri imputati e per i reati minori del processo, i parenti delle vittime, ovvero Vittorio Contiguglia, Santino Contiguglia e il figlio Salvatore, che rispondevano tutti e tre di violenza privata in concorso. Con la conferma integrale delle statuizioni di primo grado vengono implicitamente confermati anche i risvolti per i risarcimenti decisi nel 2022, tutti a carico di Russo: quello in sede civile da definirsi in un futuro processo, e poi la “provvisionale”, cioè un risarcimento immediato, di 40mila euro ciascuno «... a favore di Ricciardi Benedetta e Contiguglia Vittorio». Anche in assise d'appello poi, Russo è stato condannato al pagamento delle varie spese processuali sostenute dalle varie parti civili. Nell'agosto del 2019 il paternese Russo, con il cognato e le rispettive famiglie, stava trascorrendo le vacanze estive nel centro nebroideo ma ebbe uno scontro verbale con i componenti della famiglia Contiguglia per l’uso di quel parcheggio per disabili accanto l'abitazione. Così la sera del 15 agosto 2019, insieme ad altri quattro familiari, Santino Contiguglia, parente delle due vittime, si recò a casa di Russo, chiedendogli di uscire per un chiarimento. La prima ipotesi prospettata dagli inquirenti era che il macellaio paternese si fosse impossessato di una pistola durante una colluttazione con i Contiguglia, strappando l’arma dalle mani di uno di loro, tanto da invocare inizialmente la legittima difesa. Ma la ricostruzione balistica e le successive indagini dei carabinieri della Compagnia di Patti, coordinati all'epoca del tenente Rocco Romeo, portarono a ben altre conclusioni. A conclusione delle indagini, infatti, il pm Andrea Apollonio scrisse che la pistola, una Beretta semiautomatica calibro 7.65, era in possesso dello stesso Russo, che la deteneva illegalmente dopo averla acquistata sul mercato nero da un romeno nel 2017, e l'aveva nascosta in una botola della sua abitazione, a Paternò. Furono i carabinieri di Patti a trovarla, durante una perquisizione. Nella vicenda processuale Russo è stato assistito dagli avvocati Enrico Trantino e Salvatore Liotti, di Catania, mentre i tre Contiguglia dagli avvocati Giuseppe Bonavita e Luigi Gangemi. I familiari dei Contiguglia come parte civile, sono stati poi rappresentati dagli avvocati Luigi Gangemi, Alessandro Pruiti e Giuseppe Bonavita.