Il giudice della prima sezione civile del tribunale di Messina Assunta Cardamone ha accolto il ricorso dell’avvocato Giuseppe Tortora sulle condizioni carcerarie di un suo assistito, e ha condannato il ministero della Giustizia al risarcimento del danno in favore di M.R., oltre al pagamento delle spese processuali.
Il giudice peloritano ha riconosciuto che le condizioni carcerarie cui è stato sottoposto presso la casa circondariale di Messina furono «inumane e degradanti e contrarie ai principi dettati da parte dall'art. 3 della Cedu».
Così si legge tra l’altro nella sentenza: «Nel caso di specie appare ictu oculi come, per i periodi di detenzione presso la casa circondariale di Messina sopra elencati, lo spazio complessivo a disposizione di ciascun detenuto, era inferiore al minimo accettabile indicato dalla giurisprudenza comunitaria, ovvero mq. 3. Sul punto deve precisarsi che lo spazio utile di ogni detenuto, calcolato al netto del bagno, si riduce in ragione sia del numero di internati presenti nella stessa cella, ma anche del mobilio fisso, costituito quantomeno dalla branda, sia pure impilata, da un armadietto di tipo A, un armadietto di tipo B, oltre uno sgabello e, infine, un tavolino assegnato ogni due detenuti. Sicché lo spazio a disposizione del R. è stato decisamente inferiore al minimo accettabile indicato nella giurisprudenza comunitaria, ovvero mq. 3 nei periodi sopraindicati».
In concreto - spiega il giudice -, il detenuto ha passato 1591 giorni in celle tra 16 e 14 mq insieme ad altri 6 detenuti: meno di 3 mq a persona («condizione degradante»). Quella delle condizioni carcerarie dei detenuti presso le case circondariali italiane continua ad essere un problema irrisolto che costa ogni anno allo Stato molto di più di quanto costerebbe l’adozione di serie politiche di riforma del sistema detentivo.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina
Caricamento commenti
Commenta la notizia