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L'untore di Messina: condannato a 22 anni Luigi De Domenico

Il procedimento a carico del 58enne Luigi De Domenico, in Corte d'Assise si è concluso con una condanna a 22 anni. L'uomo è accusato di omicidio volontario per la morte della sua compagna, a cui contagiò la sieropositività senza mai rivelarlo

Ventidue anni di carcere per omicidio. È questa la sentenza al processo bis per il cosiddetto “untore” decisa oggi dalla corte d’assise presieduta dal giudice Lia Silipigni. È il procedimento a carico del 58enne Luigi De Domenico, accusato di omicidio volontario per la morte della sua compagna, a cui contagiò la sieropositività senza mai rivelarlo. La vittima è l’avvocata messinese 45enne che poi morì di Aids, proprio perché non si riuscì a curare sconoscendo la causa della sua malattia.

Il pm Roberto Conte all'udienza scorsa aveva chiesto la condanna a 25 anni dopo aver ricostruito ancora una volta l'intera vicenda. Poi erano intervenuti i legali di parte civile per i familiari della vittima, gli avvocati Bonni Candido ed Elena Montalbano. E subito dopo aveva preso la parola il difensore dell'uomo, l'avvocato Carlo Autru Ryolo.

Oggi la sentenza. Secondo giudici e giurati quindi De Domenico è responsabile di omicidio per la morte della compagna. Ed è la seconda volta che una corte d'assise lo stabilisce. Si tratta del processo bis perché il primo (anch'esso aveva visto la condanna a 22 anni per l'uomo) ha registrato l'annullamento in appello nel dicembre scorso per la vicenda dei giurati che componevano la corte e avevano superato i 65 anni d'età. Una problematica che è stata poi superata da un pronunciamento della Cassazione su un caso analogo avvenuto a Palermo in un processo di mafia. I giudici della Cassazione hanno deciso infatti che per i giurati che compongono le corti d'Assise è il momento della designazione che conta per il requisito dei 65 anni, e non quello del momento della sentenza.

In sentenza giudici e giurati hanno deciso anche altro, a cominciare da una serie di risarcimenti immediati molto alti a carico di De Domenico per i familiari dell'ex compagna deceduta, parte civile nel procedimento. Poi hanno disposto la trasmissione degli atti in Procura per due testimonianze rese in aula nel corso del dibattimento da due testi: una dottoressa che lo ebbe in cura a Verona, e un'altra donna che ebbe una relazione con lui.

"Siamo senz’altro soddisfatti per questo risultato - commentano Elena Montalbano e Bonni Candido - anche se non c’è nulla per cui gioire, perché è stato riconosciuto esattamente quanto già era stato accertato nel corso del processo ingiustamente annullato. Oggi avremmo potuto esprimere soddisfazione per una sentenza già definitiva ed, invece, si è appena conclusa la fase del primo grado di giudizio. Non esultiamo dinanzi alla condanna di un uomo ad una pena detentiva così grave, non ci appartiene. Non possiamo, però, esimerci dall’esprimere soddisfazione per un esito nel quale abbiamo sempre creduto, certi della piena responsabilità del De Domenico. Nessuno restituirà più la vita alla nostra giovane Collega. Nessuno restituirà più una mamma al proprio figlio, una sorella alla propria amata sorella ed una figlia ai propri genitori. Restiamo in attesa di leggere le motivazioni, consapevoli che ci attenderanno altri due gradi di giudizio. Nessuna preoccupazione, invece, per l’anticipata ulteriore questione di nullità del processo da parte della difesa dell’imputato che si palesa ancor più infondata di quella precedentemente avanzata. Auspichiamo, piuttosto, che l’imputato decida di difendersi all’interno del processo e non rifuggendo a questo".

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