Messina

Sabato 23 Novembre 2024

Messina, operazione Provinciale: condanne per Lo Duca e De Luca. Sparacio era affiliato e non autonomo. TUTTI I NOMI

Giovanni Lo Duca, Giovanni De Luca e Salvatore Sparacio

Ventisette condanne, di cui cinque concordate e alcune “sommate” ad altre decise in precedenza, parecchie ridotte, quattro confermate rispetto al primo grado. Due assoluzioni totali. Il gruppo di Fondo Pugliatti capeggiato da Salvatore Sparacio considerato come “affiliato” al clan Lo Duca e non come autonomo. Sono questi i punti fondamentali della sentenza d'appello decisa dalla prima sezione penale presieduta dal giudice Alfredo Sicuro, molto complessa, per i 29 giudizi abbreviati dell'operazione antimafia Provinciale. Scattò nell’aprile del 2021 e culminò con 31 arresti, ruotava attorno al gruppo del boss Giovanni Lo Duca del quartiere di Provinciale ma ha fatto luce anche sull'attività dei gruppi di Salvatore Sparacio e Giovanni De Luca. Dalle indagini sono emerse, oltre a estorsioni e traffici di droga, anche spedizioni punitive per affermare la propria egemonia sul territorio e controllare le attività economiche della zona o per recuperare i crediti derivanti sia dal traffico di sostanze stupefacenti che dalla gestione delle scommesse. Il primo dato. Sono stati inflitti vent’anni di reclusione ai boss Giovanni Lo Duca e Giovanni De Luca, ma in “continuazione” con altre sentenze precedenti, quindi si tratta concretamente di una riduzione rispetto al monte globale delle condanne accumulate dai due negli ultimi anni. La pena invece per Salvatore Sparacio è diminuita di parecchio rispetto ai 20 anni del primo grado, passando a 5 anni e 8 mesi per il ragionamento fatto dai giudici sulla non sussistenza a loro avviso di un gruppo autonomo ma affiliato ai Lo Duca (gli atti a suo carico come partecipe dell’associazione mafiosa sono stati ritrasmessi dai giudici d’appello alla Procura, e per questo aspetto si dovrà rifare il processo; è stato poi assolto dalla vicenda del voto di scambio del 2018 insieme a Alibrandi, Scavuzzo e Sollima). Ecco le 27 condanne finali decise in appello: Giovanni Lo Duca 20 anni; Giovanni De Luca 20 anni; Salvatore Sparacio 5 anni e 8 mesi; Vincenzo Gangemi 10 anni, 4 mesi e 20 giorni (pena concordata); Emmanuele Balsamo 6 anni e 8 mesi (è stato assolto “per non aver commesso il fatto” dal reato di associazione mafiosa e condannato solo per un caso di lesioni); Ugo Ciampi 12 anni e 8 mesi; Francesco Puleo 8 anni e 8 mesi (pena concordata); Domenico Romano 13 anni e 4 mesi; Giovanni Tortorella 13 anni (conferma); Mario Alibrandi un anno, 5 mesi e 10 giorni; Antonio Scavuzzo un anno, 5 mesi e 10 giorni; Giuseppe Surace 10 anni e 8 mesi; Tyron De Francesco 12 anni (conferma); Giuseppe Esposito 14 anni (pena aumentata di 2 anni “in continuazione” con altre sentenze rispetto al primo grado); Giuseppe Marra 12 anni; Anna Lo Duca 10 anni e 4 mesi; Kevin Schepis 9 anni (conferma); Domenico Mazzitello 9 anni; Mario Orlando 6 anni e 8 mesi; Ernesto Paone 8 anni e 8 mesi; Maria Puleo 8 anni (conferma); Carlo Cafarella un anno, 5 mesi e 10 giorni; Antonia Cariolo un anno e 8 mesi (pena concordata); Letterio Cuscinà un anno, 5 mesi e 10 giorni; Rossella De Luca, 6 mesi (pena sospesa); Graziella La Maestra 6 mesi (pena concordata); Antonio Soffli un anno e 4 mesi (pena concordata). Due le assoluzioni totali, che hanno riguardato Emanuele Laganà (“per non aver commesso il fatto” da un caso di droga) e Francesco Sollima (“perché il fatto non sussiste”, rispondeva solo di un caso di voto di scambio insieme a Sparacio e ad altri alle elezioni comunali del 10 giugno 2018). Altri aspetti della sentenza. Alcuni imputati dovranno risarcire la parte civile “Addiopizzo Onlus”; perdono efficacia le misure cautelari per Balsamo, Laganà e Sollima, con l’immediata liberazione; stessa situazione per Alibrandi e Scavuzzo, scarcerati; Cariolo, Alibrandi e Scavuzzo beneficiano della pena sospesa; per Sparacio revocata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (ridotta a 5 anni) e l’interdizione legale. Gli imputati sono stati assistiti dagli avvocati Salvatore Silvestro, Alessandro Trovato, Cinzia Panebianco, Antonello Scordo, Giuseppe Bonavita, Alessandro Billè, Nino Favazzo, Tancredi Traclò, Andrea Florio e Tommaso Autru Ryolo. Questa inchiesta, gestita a suo tempo dal sostituto della Dda Liliana Todaro, che ha anche rappresentato l'accusa sia in primo grado che in appello, ha svelato il sottofondo mafioso di tre rioni: Provinciale, Maregrosso e Fondo Pugliatti come quartieri-emblema del lungo dominio criminale. Tre gruppi governati secondo l'accusa iniziale dal boss tradizionale, dal “picciriddu” e dal “nipote d’arte”, ovvero Giovanni Lo Duca, Giovanni De Luca e Salvatore Sparacio (per quest'ultimo in appello la posizione è cambiata). Tre le attività di indagine racchiuse a suo tempo nell’ordinanza del gip (quella del Nucleo investigativo dei carabinieri relativa a Lo Duca, quella del Gico della Guardia di Finanza su Sparacio e un’altra della Squadra Mobile su Giovanni De Luca), che hanno fatto emergere estorsioni, scommesse illegali, traffico di droga, condite da intimidazioni, violenze, pestaggi e spedizioni punitive.

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