Sarà con molta probabilità il 6 giugno prossimo il giorno della sentenza. Dopo l’ennesima lunga udienza di ieri, infatti, non priva di alcuni colpi di scena, il presidente della corte d’assise Letteria Silipigni ha rinviato il processo al cosiddetto “untore” per la discussione finale a quella data: si susseguiranno le richieste dell’accusa, il pm Roberto Conte, gli interventi delle parti civili, l’arringa del difensore. È il processo per omicidio a carico del 58enne Luigi De Domenico, accusato di omicidio volontario per la morte della sua compagna, a cui contagiò la sieropositività senza mai rivelarlo. La vittima è l’avvocata messinese 45enne che poi morì di Aids, proprio perché non si riuscì a curare sconoscendo la causa della sua malattia. Ieri sono stati sentiti alcuni dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria, l’organo investigativo che fece luce su un caso clamoroso, e che a suoi tempo andarono al Policlinico per rinvenire le sequenze genetiche dell’altra donna contagiata secondo l’accusa da De Domenico. Si è capito che non furono trovate perché al Policlinico non si riuscì ad individuare il computer dove sarebbero state inserite alcuni anni addietro. Ma all’udienza precedente era emersa un’altra verità, ovvero che il pc in questione era guasto. Ieri è stato quindi sentito il responsabile del Policlinico che aveva inoltrato la nota la volta precedente, ma l’esame è stato interrotto perché a quanto pare sono emersi i cosiddetti “indizi di reità” a suo carico. Poi su richiesta dei difensori di parte civile, gli avvocati Bonni Candido ed Elena Montalbano -, è stato ascoltato tra l’altro il medico curante dell’altra compagna contagiata, ed ha confermato la veridicità delle dichiarazioni della donna, ovvero che lei scoprì di essere sieropositiva nel dicembre del 2004. Sempre in aula si è appreso che è stata rigettata l’istanza che aveva presentato nei giorni scorsi il difensore di De Domenico, l’avvocato Carlo Autru Ryolo, il quale aveva sollevato una questione tecnico-processuale molto precisa, ovvero che l’attuale presidente della corte d’assise Silipigni non fosse legittimata a ricoprire il ruolo, poiché non possiederebbe i requisiti della “seconda valutazione”, necessari per presiedere la corte. L’avvocato Autru Ryolo l’ha comunque riproposta chiedendo di rivalutarla. Leggi l'articolo completo su Gazzetta del Sud - Messina