Si chiude con sei condanne in abbreviato e due patteggiamenti della pena lo stralcio in udienza preliminare davanti al gup Fabio Pagana per la maxi operazione antidroga battezzata “Impasse”, con cui la Dda e la Guardia di Finanza nel dicembre scorso dopo mesi d’indagine hanno smantellato un’organizzazione specializzata nel narcotraffico, che aveva come quartier generale il rione di Giostra. In questa tranche ieri mattina erano coinvolti in otto. Si trattava di: Pasquale Mollica, di Melito Porto Salvo; Umberto Suraci, di Reggio Calabria ; Antonio Giuliano Suraci, di Reggio Calabria; Daniele Sulas, di Reggio Calabria; Maurizio Papale, di Messina; Carmelo Menoti, messinese di Mandanici; Angelo Arancio, di Catania, Carmelo Arancio, anche lui catanese. Sono stati assistiti dagli avvocati Marco Tullio Martino, Giacomo Iaria, Attilio Parelli, Alessandro Trovato, Tino Celi, Maria Chiaramonte e Giuseppe Rapisarda. In sei avevano scelto il giudizio abbreviato e sono stati tutti condannati, poi i due Arancio avevano a suo tempo chiesto e ottenuto di patteggiare la pena, che per entrambi è stata ratificata dal gup Pagana. Ecco invece le sei condanne inflitte dal giudice, considerando lo “sconto” di un terzo della pena per la scelta del rito: Pasquale Mollica, 8 anni di reclusione; Umberto Suraci, 5 anni, 10 mesi e 20 giorni; Antonio Suraci, 3 anni e 8 mesi; Daniele Sulas, 6 anni e 8 mesi; Maurizio Papale, 6 anni e 8 mesi; Carmelo Menoti, 3 anni e 8 mesi. Il gup ha poi inflitto a tutti e sei multe piuttosto consistenti per diverse migliaia di euro. Questo stralcio dell’inchiesta riguardava gli indagati per i quali a suo tempo il Tribunale del riesame aveva escluso la partecipazione all’associazione a delinquere «finalizzata all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione, alla cessione sul mercato di sostanze stupefacenti, specie del tipo marijuana e cocaina». Del gruppo di giostra, secondo inquirenti e investigatori, Giovanbattista Cuscinà era «capo promotore con compiti direttivi e di organizzazione», in particolare di reperire la droga sul mercato calabrese, catanese e messinese, «di curarne l’acquisto, il pagamento, il trasporto a Messina, la preparazione e il confezionamento in dosi» e il successivo smercio. Stesso ruolo per la madre Maria Cacopardo, che avrebbe sostituito il figlio «in caso di assenza». Ruolo di vertice anche per il padre Francesco, «organizzatore» e suo collaboratore, mentre Viviana Di Blasi avrebbe custodito il denaro provento dell’attività illecita nella «propria abitazione e tenuto la contabilità delle risorse finanziarie del gruppo». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina