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Ponti e demografia: vent'anni sulle rive dello Stretto e... dell’Oresund

Un raffronto tra la nostra realtà e quella della regione che, grazie al Ponte realizzato nel 2000, unisce Malmoe e Copenaghen

Vent’anni, quelli trascorsi tra il 2001 e il 2021, sulle rive dello Stretto e... dell’Oresund. Messina, in questo arco di tempo, come certificato dai recenti dati Istat, è stata la città (metropolitana) che ha perso più abitanti in Italia, forse nell’intera Europa, con un meno 12,7 per cento che, tradotto in numeri concreti, significa una vertiginosa discesa da oltre 251mila a poco più di 218mila residenti censiti. Oltretutto con un’età media tra le più alte del Continente. E questo è lo Stretto, dove anche Reggio Calabria non se la passa granché bene, perché dopo un “boom” tra il 2001 e il 2011, ora sta assistendo, anch’essa, a un sensibile calo demografico, un’emorragia difficile, se non impossibile, da tamponare.
E l’Oresund cos’è? E che c’entra con noi? È la regione geografica posta tra Svezia e la Danimarca, unita dall’inizio del nuovo millennio da un Ponte che, poi, diventa tunnel, e che alla fine costituisce un sistema viario e ferroviario lungo 16 chilometri, che consente al signor Karlsson, o a mr Kristensen (a seconda se abitano sull’una o sull’altra sponda) di prendersi il caffè a Malmoe e andare a lavorare a Copenaghen (35 minuti di treno, ci mettiamo molto più noi ad andare dall’Annunziata a Santa Margherita...), come fossero quartieri di un’unica grande città metropolitana. E non più due città di due nazioni diverse, divise dal Mare del Nord.

Ebbene, il dato (contenuto in uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Journal of Regional Science, dal titolo “Innovation in Malmo after the Oresund Bridge”) ha fatto registrare, dal 2001, un aumento dell'occupazione del 17% e un Pil cresciuto del 21% nella sola parte svedese. Mentre la sponda danese ha visto un aumento del 4% dell'occupazione e del 12% del Pil. Ogni giorno oltre 75mila persone attraversano quel ponte-tunnel.
L'opera costò 4 miliardi di euro, per metà finanziati dalla Banca europea per gli investimenti, quella stessa “Bei” che, proprio in questi giorni, ha dichiarato la propria piena disponibilità a cofinanziare il Ponte sullo Stretto di Messina.

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