Un «inaccettabile condizionamento del processo, non altrimenti evitabile, sulla base di fatti e circostanze esterne allo stesso». È questo, in estrema sintesi, che sostiene l’avvocato Carlo Autru Ryolo, che assiste il 58enne Luigi De Domenico, il cosiddetto “untore”, accusato di aver ucciso la compagna messinese, l’avvocatessa 45enne, nascondendogli la sua sieropositività. L’uomo è stato condannato per omicidio volontario a 22 anni di reclusione una prima volta, poi il processo è stato annullato per la vicenda dei giudici “over 65”, e adesso è ricominciato con una nuova composizione della corte d’assise. Secondo l’avvocato Autru Ryolo questo secondo processo si deve spostare in un’altra sede giudiziaria, e per questo il legale ieri ha depositato in corte d’assise una cosiddetta “istanza di rimessione”, che verrà poi trasmessa alla Cassazione per la decisione. E cita nell’atto una serie di fatti accaduti sia “dentro” sia “fuori” il processo, che a suo giudizio non consentono lo svolgimento sereno del dibattimento. «Quanto accaduto durante la pendenza del procedimento - scrive il legale -, ha ingenerato nello scrivente il ragionevole dubbio che la gravità della situazione locale, determinata da specifiche circostanze di seguito indicate, possa portare la Corte di Assise di Messina, sia nella componente togata che popolare, a non essere imparziale o serena e le parti, compreso anche il Pm, a non essere comunque serene». Il primo punto trattato è un post pubblicato tempo addietro su Facebook dalla sorella della vittima su un incontro casuale avuto in città, che poi è colei che con la sua determinazione ha portato avanti tutta la vicenda, presentando la denuncia in Procura da cui è scaturito tutto. «È evidente come le affermazioni contenute nel citato post - e cioè che la magistratura messinese si sia schierata, o comunque manifesti vicinanza, in favore della parte civile, soprattutto se tale circostanza viene rappresentata da “una magistrata tra le più temute di Messina” - possa determinare un legittimo sospetto in ordine alla possibile mancanza di imparzialità dei magistrati che dovranno giudicare lo scrivente». Altri aspetti dell’istanza riguardano il nuovo processo in corso, che è iniziato da un paio di udienze. Vediamone alcuni: «la presidente della corte d’assise Letteria Silipigni ha predisposto un calendario delle udienze incompatibile con l’esercizio del diritto di difesa e con la necessità che i giudici popolari abbiano il tempo di acquisire ed approfondire le questioni di fatto e di diritto che verranno offerte dal processo che, evidentemente, secondo la presidente costituisce una noiosa formalità in attesa della pronuncia della sentenza di condanna conforme a quella emessa dal proprio presidente di sezione e dichiarata nulla»; ancora «la Corte ha ritenuto, nonostante avesse dichiarato la nullità di tutti gli atti assunti dalla Corte nel precedente giudizio, di trattenere presso la sua cancelleria, i predetti atti, invece di trasmettere gli stessi al Pm in conformità a quanto disposto dall'art. 433, 1° comma, c.p.p.»; ed infine, la gestione in Procura dei due fascicoli per falsa testimonianza in aula, a carico di due delle donne che ebbero una relazione con De Domenico, uno archiviato e l’altro andato avanti, sarebbe indice secondo il legale di una circostanza ben precisa: «Il condizionamento del processo ad opera del Pm - e non attraverso il legittimo esercizio del proprio ruolo nel processo ma attraverso iniziative esterne alla dinamica processuale - è evidente e non altrimenti evitabile».