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Più navi? Lo Stretto è già pieno di veleni

I dati dell’Ispra, e uno studio recente, a sostegno della tesi di Salvini secondo il quale «sarà l’opera più green»

«Restituire la Sicilia all’Italia e l’Italia alla Sicilia sarebbe segno di consapevolezza geopolitica. Abbandonare l’Isola e con essa il Sud a sé stessi e all’influenza di potenze non necessariamente benevole significa disfare il nostro Paese. Il Ponte sullo Stretto di Messina va fatto perché è una priorità strategica per l’Italia». Parole profetiche, e molto “scomode”, perché scritte (il 7 dicembre 2022) da un giornalista certamente non di destra, come Lucio Caracciolo, fondatore della rivista geopolitica “Limes”. Caracciolo, poi, aggiungeva una chiosa: «Per questo motivo probabilmente non sarà mai fatto». «E invece questo Governo lo farà», continuano a ribadire premier e vicepremier, Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
«Il Ponte sarà l’opera più green al mondo», è il ritornello quasi quotidiano del ministro dei Trasporti, quasi volesse convincere (opera disperata, possibilità nulle di riuscita) gli ambientalisti di casa nostra sulla sostenibilità di quest’opera nell’ambito della transizione ecologica. Ma perché Salvini parla continuamente di opera “green”. Il motivo è ben presto spiegato. Lo Stretto di Messina, nonostante le favorevoli condizioni climatiche rispetto ad altre aree del Paese, è tra le zone comunque più inquinate d’Italia, con presenza massiccia di ossidi di azoto, biossido di zolfo, particolato Pm e monossido di carbonio.

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