Può un presupposto su cui c’è ampia condivisione – l’oggettiva arretratezza infrastrutturale, e nello specifico ferroviaria, della Sicilia e del Mezzogiorno – portare a due conclusioni diametralmente opposte? Sì, se di mezzo c’è il Ponte sullo Stretto. Avviene così da decenni e così avverrà per chissà quanto tempo ancora. Del resto oggi uno dei suoi principali sponsor è quel Matteo Salvini che, poco più di sei anni fa, diceva: «Non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando sia in Sicilia che in Calabria i treni non ci sono e vanno a binario unico». Oggi i treni continuano a non esserci e vanno ancora a binario unico. Ma se per Salvini, nel 2023 e nelle vesti di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, questo è uno dei motivi per cui serve accelerare verso il Ponte, per Legambiente vale il contrario. La conclusione a cui arriva il rapporto Pendolaria, il dossier presentato ieri e dedicato allo “stato di salute” delle infrastrutture ferroviarie in Italia, è sostanzialmente il più antico vessillo di chi è contrario alla grande opera: «Prima serve ben altro». Un dibattito che, così, resta avvitato su se stesso. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina