Ancora una volta si trascina in avanti nel tempo l’indagine ter sull’omicidio di Beppe Alfano, il cronista ucciso da Cosa nostra a Barcellona Pozzo di Gotto trent’anni addietro, l’8 gennaio del 1993. E c’è adesso una nuova data per l’udienza davanti al gip Claudia Misale, che il 30 marzo dovrà decidere se si andrà avanti o se una storia piena di buchi neri e depistaggi trentennale si chiuderà per sempre. Il perché di questa ennesima udienza è sempre lo stesso. La Procura di Messina ai primi di ottobre dello scorso anno aveva depositato una richiesta di archiviazione al gip, la terza, rispetto al quadro delle nuove indagini sull’esecuzione che si sono sviluppate in questi anni. L’atto era firmato dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dal sostituto della Dda Antonio Carchietti.
A quest’atto era seguita poi l’opposizione alla richiesta di archiviazione, firmata come sempre dall’avvocato Fabio Repici, che assiste la famiglia di Alfano, l’altro ieri ricevuta al completo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che segue con attenzione la vicenda. La richiesta d’archiviazione conteneva un elemento nuovo rispetto alla precedenti, ovvero un colloquio investigativo con quello che è ritenuto il killer del giornalista su mandato del boss Giuseppe Gullotti: l’autotrasportatore barcellonese Antonino Merlino, che sta ormai finendo di scontare la sua condanna a 21 anni. L’udienza del 30 marzo riguarda formalmente la richiesta d’archiviazione - ed è la seconda - per il barcellonese Stefano Genovese, che è assistito dall’avvocato Diego Lanza, e fu indicato dal pentito ed ex capo dell’ala militare di Cosa nostra barcellonese, Carmelo D’Amico, come esecutore materiale del delitto.
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