Ergastolo. È questa la sentenza per il boss cinquantottenne di Gangi Domenico Virga, secondo la Dda di Messina uno dei mandanti per l’omicidio di Francesco Costanza, picciotto di Tusa ammazzato in località Cartolari, tra Acquedolci e San Fratello, la mattina del 29 settembre 2001. Costanza sarebbe morto per aver chiesto la "messa a posto" ad alcune imprese che lavoravano nella zona dei Nebrodi ma erano "protette" da Cosa nostra palermitana. La corte d'assise presieduta dal giudice Massimiliano Micali ha accolto la richiesta dell'accusa, che oggi era rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti della Dda Francesco Massara e Antonio Carchietti. Il boss Virga, dopo la riapertura del caso da parte della Procura di Messina nei mesi scorsi, viene considerato dall’accusa uno dei capi di Cosa nostra palermitana, nipote e successore al comando del “padre grande” Giuseppe Farinella, per decenni capo indiscusso del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde. Determinanti, per la condanna, sono state al processo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nino Giuffrè, il braccio destro di Bernardo Provenzano, Carmelo Bisognano, del gruppo mafioso dei "Mazzarroti", e Carmelo Barbagiovanni, del clan dei Batanesi di Tortorici, anche lui condannato per questa esecuzione on in altro processo, visto che si è autoaccusato d'essere stato uno dei killer che composero il commando di fuoco. Virga, che è stato assistito dagli avvocati Salvatore Silvestro, del Foro di Messina, e Debora Speciale, del Foro di Palermo, è stato condannato anche a risarcire le parti civili, i familiari di Costanza.