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Barcellona, omicidio Rizzo: definitiva la condanna a 30 anni per Di Salvo

Sigillo della Corte di Cassazione sul delitto dell’autotrasportatore maturato il 4 maggio 2009 a Lauria, sull’A3 Salerno-Reggio Calabria

Salvatore "Sem" Di Salvo

La Prima sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione che era stata decisa il 2 marzo dello scorso anno dalla Corte d’assise d’appello di Potenza nei confronti del boss barcellonese al vertice della locale “famiglia mafiosa”, Salvatore “Sem” Di Salvo, 57 anni, riconoscendo in via definitiva, nell’ambito del procedimento scaturito dall’operazione antimafia denominata “Caino”, quale mandante dell’uccisione dell’autotrasportatore di Barcellona Carmelo Martino Rizzo, assassinato a 27 anni per ordine della “famiglia mafiosa dei barcellonesi”. Per Di Salvo, difeso dagli avv. Tommaso Calderone e Tino Celi, rinchiuso per altra causa al 41 bis, diventa definitiva l’ennesima sentenza di condanna.
L’autotrasportatore fu assassinato all’interno della cabina del suo autoarticolato, poco prima dell’alba del 4 maggio del lontano 1999, a Lauria, in una piazzola di sosta del tratto lucano dell’A 3 Salerno-Reggio Calabria, in direzione Nord. I giudici della Suprema Corte hanno invece disposto il parziale annullamento, con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’assise d’appello di Salerno, per colui che viene ritenuto il gregario dell’autore dell’omicidio, Basilio Condipodero, 48 anni, ex titolare di un bar trattoria di Barcellona, il quale in appello era stato condannato anch’egli a 30 anni per concorso nell’omicidio e per detenzione illecita di arma da fuoco. L’annullamento con rinvio della sentenza che riguarda la posizione di Condipodero è dovuto alla necessità che la Corte d’assise d’appello di Salerno – chiamata ad esaminare nuovamente il caso – ridetermini la pena in relazione alla mancata concessione all’imputato delle attenuanti generiche e allo stesso tempo riesamini la condanna a poco più di 3 anni (ricompresa nella pena dei 30 anni comminata dalla Corte d’assise d’appello di Potenza per la detenzione illecita di arma da fuoco. Per Basilio Condipodero, difeso dagli avvocati Giuseppe Lo Presti, Diego Lanza e Dario Vannetiello, alla luce della decisione della Suprema Corte dovrà soltanto essere rideterminata la pena di 30 anni confermata in appello.

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