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Messina, falsi tamponi: indagati docenti, dirigente Asp, un finanziere. Cocivera riceveva alla stazione

Chi utilizzava quello schema collaudato – finto tampone, vero green pass – lo faceva per aggirare un obbligo di legge: senza vaccino o quantomeno un tampone negativo, un anno fa, non era possibile svolgere diverse attività lavorative e si rischiava anche la sospensione dello stipendio. Per questo sotto inchiesta, nell’operazione della guardia di finanza che ha smascherato un duplice giro di “furbetti” del green pass (chi lo otteneva illegittimamente e chi, rilasciandolo, incassava da 10 a 20 euro a tampone), ci sono anche i 132 cittadini messinesi che hanno usufruito di questo sistema. Ci sarebbero anche molti dipendenti di strutture pubbliche, talmente restii a vaccinarsi o poco inclini a rischiare di imbattersi in un tampone positivo da cercare in tutti i modi di aggirare l’ostacolo: un finanziare, un vigile urbano, una docente, un dipendente dell'Atm, un dirigente dell'Asp, un militare della Marina. Sono i dettagli che emergono dall'ordinanza sulla recente indagine sui falsi green pass, portata avanti nei mesi scorsi dal sostituto Roberta La Speme e dalla Guardia di Finanza. Giovedì davanti al gip Tiziana Leanza sfileranno l’indagato principale, l’ex medico Giovanni Cocivera, e gli altri coinvolti, ovvero Giuseppe Cozzo, Francesca Arena ed Emanuela Villari. Ci sono poi 35 indagati tra gli utenti che hanno ottenuto la certificazione falsa.

Per tutti e quattro il gip Leanza ha disposto l’obbligo di firma dal lunedì al sabato, rigettando la richiesta d’arresto che era stata avanzata dalla Procura. I quattro sono assistiti in questa fase dagli avvocati Nicola Giacobbe, Giuseppe Romeo, Filippo Di Blasi, Alessandro Mirabile, Gianluca Nicosia e Piera Russo. Tutti e quattro rispondono di associazione a delinquere perché “... davano vita ad un’organizzazione criminale dedita ad attestare falsamente la negatività al Covid-19 dei pazienti indicati, al fine di fare loro ottenere il green pass”.
Secondo l’accusa Cocivera, medico radiato dall’albo nel 2020 dopo l’inchiesta sugli aborti clandestini, ha inviato sistematicamente allo studio diagnostico “Santa Lucia s.n.c.”, amministrato di fatto da Cozzo, i dati di pazienti che in realtà non si erano mai sottoposti al tampone, oppure di tamponi “fantasma” che non venivano processati; la Arena, ritenuta il direttore responsabile della struttura, e la Villari, ritenuta una dipendente di fatto dello studio, avrebbero contribuito all’ingranaggio, inserendo nel portale del dipartimento regionale della Protezione civile “Sirges” i dati dei pazienti ed i falsi esiti negativi trasmessi da Cocivera.

La curiosità: Cocivera riceveva in locale dell'Orsa alla stazione

Cocivera svolgeva l'attività o nel suo vecchio studio medico in via La Farina senza alcuna autorizzazione o - in alcuni orari e giorni della settimana - in un locale del sindacato Or.S.A. all'interno della stazione marittima delle Ferrovie dello Stato. Dieci euro, il prezzo proposto per tutto il servizio. "Apprendiamo da notizie stampa dell’inchiesta della Guardia di Finanza su presunti green pass “falsi” rilasciati da uno studio diagnostico che all’epoca effettuava tamponi all’esterno del laboratorio, anche presso la sede della scrivente ORSA Navigazione. Si tiene a precisare che questo sindacato è totalmente estraneo ai fatti, in quella fase l’ORSA Navigazione si limitava ad aprire la propria sede per offrire un riparo ai lavoratori che usufruivano del servizio itinerante offerto dal dott. Cocivera nei pressi della stazione marittima. In quel periodo non ci sono stati segnalati illeciti dai lavoratori e non siamo a conoscenza della prassi che veniva utilizzata per il rilascio dei green pass. Nel ribadire la totale estraneità ai fatti, ci riserviamo di agire legalmente contro chiunque dovesse mettere in discussione il buon nome del sindacato ORSA Navigazione". A firmare la nota il segretario nazionale Orsa Navigazione, Antonino D’Orazio.

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