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Viadotto Furiano a Caronia, “disinteresse del Cas davanti al concreto rischio cedimento”

Il gip La Spada motiva l’apposizione dei sigilli all’impalcato dell’A20

Il sequestro del viadotto “Furiano” a Caronia è solo l’ultima tappa dell’odissea della A20 Messina-Palermo, un’autostrada senza pace, già purtroppo spesso segnata drammaticamente dagli incidenti. Gli interventi più recenti con il rifacimento di tratti d’asfalto, l’adeguamento di barriere, di parti d’impianto d’illuminazione e di alcune gallerie, non bastano a superare le gravi criticità che necessiterebbero evidentemente di interventi strutturali massicci su viadotti e tunnel già da tempo sotto osservazione, le cui condizioni sono state ampiamente cristallizzate in relazioni tecniche ed atti giudiziari. Il “Furiano” oggi, il vicino viadotto “Buzza” nel 2020, con la campata lato mare ancora interdetta; prim’ancora c’erano state le gallerie “Madonna del Tindari” e “Capo d’Orlando”, ristrutturate e riaperte tra il 2016 e il 2018 dopo che anche lì l’altissimo rischio crollo certificato ne aveva condotto al sequestro nel 2011. Un percorso tormentato che sembra non finire mai per utenti che nel frattempo continuano a pagare costi di pedaggio tutt’altro che popolari. Così come per il “Buzza” anche per il “Furiano” dopo l’esecuzione del sequestro si rischiano tempi lunghissimi per il ritorno alla normalità. Nel suo provvedimento, il gip del Tribunale di Patti Andrea La Spada, accogliendo l’istanza della Procura guidata da Angelo Cavallo, non ha mancato di sottolineare «la totale inerzia e disinteresse davanti al concreto rischio di cedimento della struttura» da parte del Consorzio autostrade nonostante ciò che era emerso dall’ispezione del marzo 2021 del ministero delle Infrastrutture, con la durissima relazione dell’ingegnere Placido Migliorino.

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