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Messina, ci vuole un altro Patto per la Falce

Dopo aver perso i primi 2 milioni dei 20 stanziati nel 2022 grazie all’emendamento di Matilde Siracusano

«L'allagamento del bacino di carenaggio in muratura dell'Arsenale militare di Messina rappresenta il primo step per l'inizio delle lavorazioni sulle grandi navi». Con un semplice “twitt”, l’Agenzia Industrie Difesa annuncia l’avvio di un piano che dovrebbe portare nell’impianto della Zona falcata una serie di importanti commesse, tra mezzi della Marina militare e navi da crociera. L’Arsenale fa parte del disegno complessivo di rilancio della cantieristica navale a Messina. Esteso su un'area di 55.000 mq, dispone di circa 300 metri lineari di banchine per ormeggio, del famoso bacino di carenaggio in muratura (lungo 150 metri e largo 24,80) e di un bacino galleggiante per una portata di circa 850 tonnellate. Le attività sono quelle di manutenzione, riparazione e trasformazione del naviglio militare e mercantile. Vi lavorano 149 unità di personale e a guidarlo, dallo scorso mese di settembre, è il comandante Pierpaolo Chiappini. In tutta Europa esistono 413 bacini di carenaggio in muratura, in Italia ve ne sono 27 e quello di Messina è tra i più importanti, gestito direttamente dall’Agenzia Industrie del ministero della Difesa.
Il rilancio dei segmenti industriali rimasti all’interno della Zona falcata (con l’Arsenale, i Cantieri navali dell’ex Rodriquez-Intermarine e Palumbo Spa) deve andare di pari passo con la necessità di riqualificare quante più aree possibili, lasciate a marcire per decenni nel degrado, seppellite da strati e strati di sostanze inquinanti, frutto di scelte politico-strategiche criminali, oltre che fallimentari. Ed ecco che si torna a evidenziare la necessità di definire un altro “Patto per la Falce”, come quello che nel 2016 venne firmato dal Comune e dall’Autorità portuale.

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