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L'omicidio dei due ragazzi messinesi in Inghilterra: Nino lavorava sodo e donava sorrisi

Il venticinquenne era un croupier con passate esperienze nella ristorazione

Nino amava la sua terra, i valori e le bellezze che più la rappresentano. Dalla sua abitazione fronte-mare di Ponente, a Milazzo, si muoveva verso le località vicine, mosso dalle sue tante passioni, dalla gioia di avere una famiglia unita, molti amici, un amore e tanti sogni.

Nino non si è mai fermato: ha coniugato la professione di cameriere alla pratica sportiva, un po' come molti di quegli adolescenti che finite le scuole superiori entrano con non pochi sacrifici nel mondo del lavoro. Campione di judo, eccellente rugbista mediano delle Aquile del Tirreno, dipendente di una pizzeria di Milazzo e poi anche a Barcellona. Uno spazio di vita normale tra i banchi dell'Istituto superiore mamertino Ettore Majorana e poi tra le piazze Convento e Alfano di Barcellona, luoghi dove ha coltivato amicizie e donato sorrisi, alimentati da sogni e progetti per il futuro. Circa tre anni fa comunicò alla famiglia – al papà finanziere Salvatore, a mamma Salvina e alla sorella Alessandra – che un corso per diventare croupier, svolto poi a Palermo, gli avrebbe spalancato le porte a un'altra delle sue tante passioni, l'inglese. Inizia a lavorare nei casinò britannici, nella contea di Durham, a Thornaby di Stockton-on-tees, sempre a pochi passi dal mare e dal fiume. Non ha mai abbandonato la sua terra e i suoi affetti, con i quali si sentiva anche più volte al giorno. Anche la fidanzata lo andava a trovare, e quando poteva Nino faceva di tutto per tornare a casa. Il destino crudele, in circostanze ancora da decifrare, ha infranto sogni, seminando dolore ed incredulità.

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