“La vita mi ha dato una seconda possibilità”. Maria Teresa è messinese, ha 27 anni e la “sindrome del cromosoma 22”, una malattia genetica rara che, sia a livello fisico che psichico, l'ha resa, fin dai primi giorni di vita, fragilissima. Ma lei ha sempre voluto fare “l'impossibile” e c'è riuscita.
Si è laureata in Scienze dei servizi giuridici all'Università di Messina, dopo che mille volte ha pensato di non farcela. Ed è riuscita a fare anche molto di più, nonostante una cicatrice sul petto e un cuore che ne sente molte più.
Da piccola, alle elementari, tutto per lei era bello e non avvertiva differenze, col passare del tempo, soprattutto nel rendimento scolastico e nelle relazioni, ha percepito quel suo essere diversa dagli altri. “Vivevo sulle nuvole, apparentemente ero come tutti gli altri e così i professori a scuola pensavano che il mio problema fosse soltanto la mancanza di voglia di studiare, ma non era così”.
La sua voce è un coro di note, forti e deboli insieme, uniche.
“Il farmi sentire diversa dagli altri – racconta Maria Teresa - mi ha fatto litigare con tante persone, nessuno al mondo vorrebbe rimanere solo e io pur di non perdere chi avevo accanto mi attaccavo morbosamente, a volte mi succede anche adesso, ma non mi rendevo conto che alla fine li allontanavo comunque perché l’essere troppo invadenti non porta da nessuna parte”.
Nessuno ha mai commentato la sua cicatrice, ma spesso tanti l'hanno fatta sentire “diversa”: c'era chi, come la sua famiglia, l'ha trattata sempre come una figlia speciale, c'è stato chi, invece, non ha mai capito in cosa consisteva sua splendida specialità.
“Le persone più forti si accorgevano che ero una persona fragile e puntavano sulla mia debolezza, crescendo queste cose non si possono cancellare, tutto per me è stato più difficile, lo è ancora, soprattutto stare nel mondo e con gli altri, spesso non ne parlo, ma ci sono giorni in cui mi dico ancora che non posso farcela, poi tramuto tutto questo in forza e coraggio e vado avanti”.
E ne ha fatta di strada Maria Teresa, grazie anche alla professionalità e alla dedizione di tanti medici. “Sono persone meravigliose a cui devo tanto, all’ospedale Bambin Gesù di Roma, la dottoressa Maria Cristina Digilio, una genetista delle malattie rare, ha spiegato a mia madre passo passo cos'era e cosa comportava la mia malattia, l'ha rassicurata che alla fine sarei riuscita ad essere come tutti gli altri. Non mi hanno mai abbandonato, il dottor Luigi Mazzone, neuropsichiatra del Bambin Gesù che si è occupato di me durante la crescita, mentre il cardiologo Andrea De Zorzi, si è preso cura di me quand'ero in ospedale per i day hospital. Sono seguita anche a Messina da una bravissima logopedista, un dentista e un cardiologo”.
Ogni passo della sua crescita è stato una piccola grande conquista: “Sono cresciuta tra casa e scuola, stavo spesso con i nonni, non avevo molti hobby, mi piaceva immergermi nel mondo della Disney e, come ogni bambina, guardavo tutte le principesse. Quel mio essere sulle nuvole – racconta ancora Maria Teresa – non mi faceva, però, a differenza degli altri bambini, vedere con chiarezza, ad esempio, quello che volevo fare da grande, gli altri sapevano già da piccoli cosa volevano diventare, chi il medico, chi l'avvocato, beh io non ne avevo idea. Una delle poche attività che potevo fare da piccola era la danza e quindi sognavo di diventare una ballerina, ma anche in quel caso, i rapporti con le mie compagne di danza non erano buoni, le vedevo ballare benissimo, mi sembravano degli idoli come quelli della televisione e così, nella danza, non sono mai riuscita a combinare nulla di buono”.
Dopo la scuola superiore, per due anni, Maria Teresa è rimasta a Messina: “Non sapevo cosa volevo dalla vita, ho capito solo che non volevo studiare legge, avevo iniziato, ma non era quella la mia strada, poi con il tempo la voglia di raggiungere l'obiettivo è stata fortissima e quando ci sono riuscita è stata una grande soddisfazione, anche perché passare da una scuola privata in cui ti senti protetta a una realtà pubblica non è stato facile. All'inizio mi sono trovata male, spaesata, ho pensato molte volte di fallire, con il tempo e il grande aiuto dei miei genitori sono andata avanti, da sola, penso, che non ci sarei mai riuscita. Sono stati il mio punto di forza e nonostante i batti becchi che ci sono, come in ogni famiglia, loro sono la mia forza. Non glielo dico mai e spesso ci litigo, perché sono una persona molto determinata e quando voglio una cosa la attengo a tutti i costi, ma sicuramente senza di loro non sarei dove sono adesso”.
Maria Teresa, al di là dell'obiettivo raggiunto, oggi sa anche qual è la sua strada: vuole diventare un'assistente sociale. Desiderio e destino l'hanno riportata a Roma dove, per la prima volta, è stata salvata. Adesso vive da sola e sta frequentando un altro corso di laurea in Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali.
“Ho visto una serie tv, parlava di una donna con il cappotto rosso che cercava di salvare il mondo, proprio come Wonder Woman – racconta - so che il mondo degli assistenti sociali è difficile e duro, soprattutto se sei una persona empatica, come lo sono io, bisogna avere la forza di risolvere i problemi degli altri con tutte le proprie forze E io che già di mio vorrei fare “l’impossibile”, spero di riuscirci, con le giuste regole e le misure, affinché gli altri possano stare bene come lo sono stata io, perché la vita mi ha dato una seconda possibilità”.
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