Per il presunto caso di torture e lesioni personali aggravate consumate nel carcere “Panzera” di Reggio Calabria nei confronti di un detenuto napoletano, ritenuto un esponente di spicco della camorra, tra i 14 indagati ci sono anche quattro poliziotti del Messinese. Agli arresti domiciliari sono finiti Fabio Morale (1967) di Messina, Alessandro Sgrò (1983) di Sant'Agata Militello, mentre è stato sospeso dal servizio Alessandro Gugliotta (1983) di Sant'Agata Militello.
Diversa, e più attenuata, la posizione di un altro indagato ed il Gip di Reggio si è riservata la decisione all'esito dell'interrogatorio: si tratta di Angelo Longo (1981) di Barcellona Pozzo di Gotto).
Nella mattinata, personale della Polizia di Stato, su delega della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari, disposta dal gip del Tribunale reggino, a carico di otto appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria. In particolare, per sei di essi è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre per gli altri due la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio.
I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio 2022 e vedono come parte offesa un solo detenuto campano (Alessio Peluso, 30 anni), che aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno. In risposta a tale condotta, secondo il provvisorio capo di imputazione, gli indagati conducevano illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina ovvero senza alcuna previa decisione adottata in via cautelare dal Direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che cagionavano al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Nello specifico, secondo la ricostruzione operata allo stato degli atti e fatti salvi i necessari successivi accertamenti di merito, le condotte si sostanziavano nel colpire ripetutamente il detenuto con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni, facendolo spogliare e lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella ove era stato condotto. Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, il Comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti (relazione di servizio, comunicazione di notizie di reato ed informative al Direttore del carcere), in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.
Caricamento commenti
Commenta la notizia