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Spaccio di droga a Messina, depositati i verbali dei fratelli Abbas

In apertura dell’udienza preliminare sulla maxi operazione della Dda e dei carabinieri del febbraio scorso. Raccontano la “rete” tra Barcellona, Messina, Palermo e Catania

Le strade variegate della droga ad ogni angolo di strada tra Messina, Barcellona, Catania e Palermo. I viaggi con cinque o venti chili di “roba” a volta. La serra sotterranea di marijuana. Il giro dei pusher “alle dipendenze”. Il mantenimento degli affiliati in carcere. La droga palermitana marchiata con il simbolo “CR7” di Ronaldo, forse per indicare che era roba buona. Il pub a Vaccarella. I soprannomi dei fornitori o degli altri ragazzi dello spaccio, tipo “cinese”, “americano”, “baffo”, “macellaio”, “pinocchio”, “lordo” “l’alieno”. I rifornimenti a Ballarò su Palermo e a Librino su Catania. Quasi sempre marijuana e hashish, quando capitava cocaina ed ecstasy. E poi c’era lo spice. Sì lo spice, la nuova regina delle droghe tra i ragazzi, che è un miscuglio di erbe essiccate che produce effetti simili a quelli della marijuana, ma in realtà ben più gravi per la salute, nota anche come K2 o “Black Mamba” e acquistata sopratutto attraverso il web.
Nella maxi inchiesta della Dda e dei carabinieri sulla riorganizzazione di Cosa nostra barcellonese, il troncone relativo per lo più ai reati di narcotraffico e possesso di armi, irrompono come un uragano le dichiarazioni dei due nuovi collaboratori, i fratelli Alessandro e Gabriele Abbas, che per anni acquistavano e smerciavano droga tra Messina, Barcellona e Milazzo e hanno deciso da qualche mese di raccontare tutto quello che sanno. Citando anche altre zone come Lipari, Gualtieri Sicaminò, S. Lucia del Mela, Merì, Soccorso.

Ieri mattina s’è aperta infatti la maxi udienza preliminare davanti al gup Maria Militello che vede coinvolte 33 persone. Si tratta di uno stralcio della mega operazione in cui sono confluiti tre filoni investigativi gestiti dai carabinieri del Comando provinciale di Messina e delle Compagnie di Barcellona e Milazzo di eseguire tra Sicilia e Calabria misure cautelari emesse, su richiesta della Procura distrettuale antimafia. Il blitz scattò lo scorso febbraio, risultato di una capillare attività coordinata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai tre sostituti della Dda Fabrizio Monaco, Antonella Fradà e Francesco Massara, sulla famiglia mafiosa dei “barcellonesi”. Un gruppo storicamente radicato nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto, capace di esercitare anche nei centri vicini del comprensorio tirrenico messinese un costante tentativo di infiltrazione in attività imprenditoriali ed economia lecita, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli (attraverso l’acquisizione di imprese intestate a presta nomi o imponendo, con metodo mafioso, la fornitura dei prodotti), sia nel business dei locali notturni del litorale tirrenico, oltre a tentare di condizionare le campagne elettorali.

Il colpo di scena è rappresentato soprattutto dai verbali che il sostituto della Dda Francesco Massara ha depositato agli atti, che raccolgono diversi mesi di verbalizzazioni dei due fratelli, che il magistrato ha sentito in località protetta insieme al collega della Procura Roberto Conte sin dall’aprile scorso. C’è stata anche dal punto di vista tecnico una modifica dell’imputazione apportata dall’accusa.

E le carte sono in pratica una radiografia scattata dall’interno di quanto è successo per diversi anni nel nostro comprensorio, con una frenetica attività di acquisto e spaccio di ogni tipo di droga, oltre alla detenzione di alcune armi.
C’è di tutto. I luoghi simbolo per esempio di Messina dove gli Abbas andavano a comprare la droga erano piazza Verga a Mangialupi e poi Fondo Fucile, poi Ballarò a Palermo e Librino a Catania, lo spaccio avveniva soprattutto a Milazzo e Barcellona.

Ecco per esempio un passaggio dei verbali, in cui uno degli Abbas racconta una “normale giornata di droga”: «... ho un nitido ricordo di quella sera. Ricordo che mi trovavo in compagnia di tale Tuijri Othmane ed assieme andammo a prelevare Pirri Massimo per acquistare marijuana e cocaina a Messina. Il contatto col fornitore lo avevo io. Si trattava di Dino Arena, quindi mi sono recato a Messina, ove sono uscito a Messina-Gazzi, ho percorso la strada in direzione monte-mare, prima di rione Mangialupi ho svoltato a sinistra e mi sono immesso nella strada che porta verso rione Fondo Fucile. All'inizio di detta strada abita Dino Arena. Sono sceso dall’auto solo io. Io avevo con me 500 euro, mentre ulteriori 700 o 800 euro mi vennero consegnati da Pirri Massimo. Acquistai quindi con il denaro mio e quello consegnatomi da Pirri 5 grammi di cocaina al prezzo di 300 euro e la restante parte acquistai marijuana che mi venne venduta a 2 euro circa al grammo. Acquistai quindi circa 500 grammi di marijuana. Divisi lo stupefacente acquistato con Pirri Massimo al 50 %. Ognuno poi lo spacciò per conto suo (io la cocaina la ho assunto e non spacciata). Preciso che io dissi al Pirri di avere acquistato lo stupefacente ad un prezzo maggiore rispetto a quello praticatomi dal Dino Arena, facendo al Pirri intendere che in ragione del quantitativo dello stupefacente a lui consegnato, lo stesso doveva ancora consegnare a me del denaro, quando invece lo stupefacente era stato acquistato prevalentemente col denaro dello stesso Pirri. Nell’occasione Tuijri, che aveva la patente a differenza mia, si propose di accompagnarci per effettuare l'acquisto dello stupefacente guidando la mia autovettura. Io ricordo che come contropartita Tuijri mi chiese di regalargli dello stupefacente. Ritengo di averglielo regalato, ma non ho un preciso ricordo».

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