Ci sono anche due messinesi tra gli indagati della maxioperazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria sfociata ieri in 24 arresti per narcotraffico. Si tratta di Angelo Arrigo, 34 anni, e Vittorio Tamburella, 33, sui cui contatti con i fornitori rosarnesi del clan Bellocco emergono svariati retroscena dall’ordinanza di custodia cautelare siglata dal gip Antonino Foti.
«Vedi qua? Qua sopra ci sono le telecamere! Già ci hanno visto!», dicono nel 2018 Umberto Bellocco, Giuseppe Cotroneo e Antonio Apa in via Monte Scuderi, una traversa di viale Giostra, appena arrivati dalla Calabria per incontrare nel suo “fortino” videosorvegliato Antonio Arrigo: quest’ultimo, secondo la Dda di Reggio, sarebbe alla guida di un gruppo «che rappresenta, per l’organizzazione rosarnese, in maniera ormai assolutamente consolidata, un canale di smercio stabile di sostanza stupefacente». Droga importata direttamente dal Sudamerica, passata dalla Svizzera, e poi finita per conto delle ’ndrine di Rosarno sulle piazze italiane. E tra queste c’è anche Messina, dove la presunta sfacciataggine di Arrigo nello smercio della droga avrebbe lasciato sbalorditi persino i calabresi. «Ma tu hai visto come teneva tutte cose?» chiede Bellocco. «Tutto sopra il tavolo hanno...», conferma Cotroneo.
Seppur tra le tensioni per asseriti ritardi nei pagamenti delle forniture da una parte e presunte carenze di qualità dello stupefacente dall’altra, il canale messinese è ritenuto importante dai Bellocco, tanto che il gruppo sarebbe riuscito a costruirsi una seconda corsia: non solo la piazza di spaccio a Giostra «retta storicamente dagli Arrigo» ma anche «Santa Lucia Sopra Contesse retta dai Tamburella», osserva la Procura antimafia reggina.
Decisivo, per i rosarnesi, sarebbe stato il contributo di “Zasso”, al secolo Antonio Caracciolo, 37enne reggino, forte negli ambienti criminali di riconosciute le abilità quale “piazzista” di stupefacente: «Quello la cacciava, min..., al cento per cento».
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