Trentacinque virgola uno, per cento. È un dato che è passato quasi nell’indifferenza generale, visto il momento, in cui tutte le forze politiche sono concentrate sull’appuntamento dell’Election Day del prossimo 25 settembre. A cosa si riferisce? Il 35,1% sta a indicare il tasso di occupazione relativo alla città metropolitana di Messina, concernente la fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni. Secondo l’ultimo Report dell’Istat, che ha diffuso i dati riguardanti il mercato del lavoro nei grandi Comuni al 2021, Messina e Catania sono le città con i tassi più bassi di occupazione in Italia. Milano supera il 70 per cento ma anche Bari si attesta intorno al 53 per cento. Il 35,1 è una percentuale che dovrebbe far venire i brividi, perché ribaltata significa che il 64,9 per cento della popolazione tra i 15 e i 64 anni non ha un’occupazione. E se questo dato viene letto anche alla luce dell’emergenza sociale ed economica di queste ultime settimane, legata al caro-energia, ci si rende conto che la situazione è potenzialmente esplosiva. Non si può assistere inermi al progressivo depauperamento di tutte le componenti sociali che dovrebbero tenere in piedi una comunità. Messina, in vent’anni, è scesa come numero di abitanti da 251mila a poco più di 219mila e anche in questo caso si tratta di numeri che vengono citati a ogni piè sospinto, ma solo come mera statistica. E non si riesce ad arginare l’emorragia. Se si è di meno, si potrebbe pensare che è più facile creare opportunità di lavoro, e invece è l’esatto contrario: perdiamo ogni anno centinaia di giovani, e la percentuale degli occupati scende sempre più. Siamo davvero vicini al punto di non ritorno.
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