Messina

Lunedì 29 Aprile 2024

Messina, morì di Covid curando un paziente. La sentenza: «Infortunio sul lavoro»

A portarla via è stato il Covid-19, virus contratto durante una visita a domicilio ad un anziano morto due giorni dopo. Adesso la giustizia, con una sentenza che potrebbe “fare scuola”, ha stabilito che la sua morte è stata conseguenza di un infortunio sul lavoro e non di una malattia, riconoscendo un risarcimento alla famiglia. È il caso della dottoressa Tanya Trimarchi di Santa Teresa di Riva, medico di continuità assistenziale a Pozza di Fassa, frazione di San Giovanni di Fassa, in provincia di Trento, deceduta il 30 marzo 2020, a 57 anni, all’ospedale “Santa Chiara” di Trento per “polmonite da Sars Coronavirus associato”, dopo averlo contratto mentre visitava un 86enne durante l’orario di servizio, in quelle prime settimane della pandemia. Il suo nome fu il 63esimo nel triste elenco dei medici eroi caduti per il Covid-19, che oggi conta 375 vittime. Un fratello, unico erede della dottoressa Trimarchi, in virtù della polizza infortuni stipulata da Enpam per conto dei medici di medicina generale – non coperti dall’assicurazione sociale gestita da Inail – con Cattolica Assicurazione e Aviva Italia Spa (partecipazione al 40%), aveva chiesto alle compagnie l’indennizzo assicurato in polizza per il caso morte, pari a 125.000 euro, ma sia Cattolica che Aviva avevano respinto la domanda, sostenendo che il Covid fosse una malattia e non infortunio e che non rientrasse quindi tra le ipotesi assicurate dalla polizza. Il familiare, rappresentato dall’avvocato Renzo Briguglio di Santa Teresa, si è quindi rivolto al Tribunale di Trento-Sezione Lavoro, che ha invece accolto la sua domanda. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina  

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