Il paese cerca di riacquistare una parvenza di normalità, ma lo choc per l’omicidio di Massimo Canfora è duro da superare. Nemmeno il fermo del diciottenne sospettato è riuscito a dare serenità, perché rimangono ancora molti dubbi. L’indagato ha respinto le accuse e il suo avvocato è convinto che la verità sarà presto accertando, dimostrando l’innocenza del suo assistito. La via Nenzi, dove abitava la vittima, che è stata accoltellata a casa sua, è stata riaperta al traffico, come la parallela via XXIV Maggio: non ci sono più i mezzi dei carabinieri che per due giorni hanno presidiato la zona. I rilievi sono stati completati. Rimangono sequestrati l’appartamento al secondo piano, dove viveva l’operatore ecologico 56enne ucciso, e quello al piano inferiore, nel quale stava il tunisino che il giovane fermato sostiene di essere andato a trovare. Gli altri residenti del palazzo possono ormai entrare e uscire liberamente. Ieri mattina in via Nenzi è tornato anche Fabio Canfora, che viveva con il fratello (attualmente è ospite dei parenti), e si è fermato a parlare con alcuni vicini. Ha detto che venerdì gli è stato consentito di entrare per recuperare alcuni oggetti personali: «Sono passato dritto, senza volgere lo sguardo, per non vedere niente. In futuro, però, penso che dovrò farmi forza: vorrei tornare a stare lì, dove mi trovo bene». Lui era appena uscito per fare colazione. Subito dopo, in un arco temporale da fissare ma certamente breve, si è consumato il delitto. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina