Messina

Venerdì 22 Novembre 2024

Messina, addio a nonno Mario: memoria storica che rischiò la vita durante la guerra

Nel 1943 le bombe americane gli piovvero addosso da 10.000 metri di altezza lasciandogli delle cicatrici che si è portato addosso tutta la vita. E non importa se Mario Santoro, ribattezzato nonno Mario, fratello di partigiano, classe 1929, ha lasciato ieri questa terra. Perché la sua microstoria, raccontata sulle nostre pagine, resterà impressa nella storia di Messina. «Era il 30 gennaio del 1943. Quella mattina – aveva raccontato il signor Santoro sulle nostre pagine – me la ricordo come se fosse ieri. Il sole splendeva. Mia madre mi mandò in giro a sbrigare una commissione e, ad un certo punto, mentre mi trovavo a piazza del Popolo, suonò la sirena che lasciava intendere che dovevamo proteggerci dalle bombe che sarebbero arrivate a distruggere tutto. Io scappai assieme ad altri verso il ricovero di Santa Marta, ma prima di mettermi al riparo ci fu un'esplosione che mi scaraventò a terra». Il Mario tredicenne allora trovò conforto a Cristo Re, dove fu ricoverato per 3 mesi e 18 giorni. E appena uscito, non perché stesse bene, ma perché nel teatro di una guerra tragica si ritrovò a lasciar posto ad altri, mentre lui che doveva scorrazzare e giocare a pallone si ritrovò a trascinarsi con un bastone nello stomaco. A guerra finita, nella sua Messina, diventò un testimone oculare di quella guerra e a chiunque chiedesse, probabilmente, rispolverava quelle parole raccontate a noi che risuonano come un testamento morale alla luce delle nuove guerre che stanno mietendo tante vittime civili: «La guerra è brutta, e non solo non si deve fare ma neanche pensare di farla». L'ultima apparizione pubblica in occasione dell'anniversario del 25 aprile, accanto al figlio Leonardo, ex commissario straordinario del comune di Messina, dove ha scambiato due parole con il prefetto Cosima Di Stani, che sorridente ha chiosato: "Lei è la memoria storica di quel periodo". Arrivederci nonno Mario. In questo momento ti vediamo da qualche parte sotto un ulivo a camminare liberamente a sorridere con il sorriso complice dei reduci. Che hanno vinto comunque tutte le battaglie.

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