«Stiamo aspettando il parere definitivo, perché è emersa la necessità di eseguire una prima fase di rimozione di una parte delle sostanze inquinanti e poi effettuare alcune caratterizzazioni, ovviamente non tutto il Piano, per vedere se sono cambiate le percentuali di inquinamento o se invece rimangono persistenti, nonostante l’eliminazione di questi strati superficiali che contengono vecchi impianti, vecchie tubature, la parte più contaminata. È stato deciso che si proceda in due step, aspettiamo che la discussione, che è stata lunga e approfondita, venga tradotta nel parere finale e poi quantificheremo anche le risorse necessarie al successivo Piano delle bonifiche». A fare la sintesi della riunione della Conferenza dei servizi, svoltasi ieri a Palermo, alla presenza dei dirigenti e dei tecnici di vari enti e istituzioni, a partire dagli assessorati al Territorio e Ambiente e all’Energia, è il presidente dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto. Non c’è stata la fumata bianca, ammette Mario Paolo Mega, però sostanzialmente si è fatto un ulteriore passo avanti e alla fine il percorso da seguire è stato concordato e condiviso. Di fatto, si vuol capire, nel momento in cui vengono eliminate le sostanze inquinanti presenti in superficie, cosa è avvenuto negli strati più profondi. E, dunque, in quei tratti di terreno e di sottosuolo, si procederà con nuove caratterizzazioni, ma tutto dovrebbe avvenire in tempi rapidi. Almeno si spera. Lo si sapeva che non sarebbe stato un cammino “tutto rose e fiori”, perché i veleni che sono stati sepolti in questi decenni, a causa di scelte così scellerate che solo una classe politica e dirigente folle o criminale ha potuto immaginare, nel cuore della Falce, il luogo tra i più importanti e suggestivi di Messina e dell’intera Sicilia. La Conferenza dei servizi è stata aggiornata alle prossime settimane e il presidente Mega attende di coinvolgere ulteriormente la Sogesid, la società partecipata dai ministeri della Transizione ecologica e delle Infrastrutture. La scoperta del “vaso di Pandora” ha comportato un impegno sul campo di anni, da parte del gruppo di lavoro dell’Ateneo messinese, coordinato dalla professoressa Candida Milone. Il Piano di caratterizzazione ambientale, che è stato il frutto concreto del “Patto per la Falce” stipulato nel 2017, è costato poco più di mezzo milione di euro, ma adesso probabilmente serviranno ulteriori somme. Quel Piano, che è stato presentato nelle scorse settimane, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il presidente Mario Mega e il rettore Salvatore Cuzzocrea, ha portato alla luce la grande quantità di sostanze inquinanti, tra metalli di vario genere, idrocarburi, diossine, “Ipa”, “Pcb” e chi più ne ha più ne metta. La Zona falcata, alla luce di questi sondaggi e studi, è stata dichiarata “Sito contaminato” che, per legge, va assolutamente bonificato, con fondi da parte dello Stato e della Regione. Non è più un optional, ma un obbligo. Serviranno 80 o 100 milioni di euro? Lo sapremo solo al termine di questa ulteriore fase di approfondimento.
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