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Messina, morte del pilota Amendolia: la “sconnessione” fatale

La tragedia del 21 aprile 2017 alla prova speciale della Targa Florio

Una “sconnessione” di circa 8 centimetri sul percorso, affrontata a circa 100 chilometri orari con le cinture probabilmente allacciate ma non correttamente “tensionate”. Che si rivelò probabilmente fatale per il povero Mauro Amendolia, il pilota messinese molto noto in città che perse la vita nell’incidente di gara avvenuto il 21 aprile del 2017 a Piano Battaglia, mentre gareggiava alla 101° Targa Florio con la figlia Gemma come navigatore, che rimase gravemente ferita e si salvò.
È stata una lunga udienza quella di ieri davanti al giudice monocratico Camilleri di Termini Imerese, nel processo con il rito abbreviato nato da quella tragedia, che vede imputati per omicidio colposo Marco Cascino, direttore di gara della competizione sportiva automobilistica, e Antonio Pochini, delegato dell’allestimento del percorso (ovviamente le cariche si riferiscono a quelle ricoperte all’epoca). L’altro imputato nel procedimento a suo tempo rinviato a giudizio è Angelo Pizzuto, organizzatore, per cui si sta procedendo con il rito ordinario sempre a Termini Imerese. Sono assistiti dagli avvocati Fabio Tricoli, Raffaella Geraci e Marco Baroncini.
La vedova del pilota e i figli, tra i quali la stessa Gemma, che sono parte civile nel procedimento, sono rappresentati dall’avvocato Giovanni Mannuccia.
Ieri al processo è stata una giornata cruciale. Alle udienze precedenti era stata disposta dal giudice una perizia “congiunta”, ovvero medico legale e tecnica, e il giudice aveva nominato il prof. Alessio Asmundo e l’ing. Santi Mangano. I due professionisti, che hanno depositato una perizia molto complessa, hanno testimoniato a lungo ed hanno risposto ad una lunga sequenza di domande formulate un po’ da tutte le parti in causa.

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