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Lotta alla mafia, l’appello di Giletti da Milazzo: "Non lasciamo sole le vittime"

Il primo appuntamento della rassegna letteraria culturale di Villa Vaccarino. Il “caso” delle sorelle Napoli sia da esempio per tutti

«Andare nel cuore della notizia per riscoprire quel giornalismo d’inchiesta che oltre ad affrontare i problemi, getta le basi per risolverli e per sensibilizzare le coscienze oneste. Solo così il cambiamento auspicato potrà diventare concreto». Un messaggio chiaro quello che Massimo Giletti ha lanciato nel primo appuntamento della rassegna letteraria culturale organizzata e promossa dalla Pro Loco di Milazzo, in collaborazione con Demea Eventi Culturali e con il patrocinio del Comune.

Un evento molto partecipato quello tenutosi a Villa Vaccarino, aperto dal saluto del sindaco Midili che ha voluto ringraziare sia il giornalista – conduttore di “Non è l’Arena” che gli ospiti intervenuti, il direttore editoriale della “Gazzetta del Sud”, Lino Morgante, e il prorettore vicario dell’Università di Messina, Giovanni Moschella, i quali hanno dialogato con l’autore. Quindi parlando del libro scritto da Giletti, “Le dannate”, dedicato alle sorelle Napoli di Mezzojuso che non si arrendono alla mafia, ha messo in risalto il significato di questa storia. «Tre donne fortemente osteggiate dalla mafia dei pascoli, la cui storia Giletti ha fatta propria amplificandola e dando loro voce su quanto stava succedendo, evitando quindi che tutto restasse chiuso nella piccola realtà di Mezzojuso. Una storia che grazie a Giletti, è diventata un caso nazionale». E che – come ha auspicato Lino Morgante – «dovrebbe essere raccontata nelle scuole, informando i ragazzi proprio attraverso questo libro, su cosa è in grado di fare la mafia e sul riscatto che è possibile, necessario se questa terra di Sicilia vuole fare un passo in più, per il suo bene, per il bene di tutti».

Massimo Giletti, nel dialogo con i suoi interlocutori e con il pubblico, ha spiegato come sia cresciuto giornalisticamente cercando la notizia e soprattutto «privilegiando i contatti umani in un’epoca in cui invece non si ascolta più, e quando i mezzi di informazione dovrebbero interessarsi di più di determinate storie che possono cambiare la realtà». Proprio come quando, colpito da 3 donne isolate e che avevano come unico riferimento il maresciallo di Mezzojuso, Pietro Saviano, ha voluto capire qual’era il loro problema. «Mi sono interessato al fatto – ha detto – è il nostro lavoro, ho reso pubblico tutto, determinando il cambiamento e dando speranza alle tre donne, che abbiamo aiutato toccando con mano la loro sofferenza, e pagando io un prezzo personale molto alto (querele e processi), ma anche minacce di morte direttamente dal carcere». (Giletti oggi vive sotto scorta).

E al riguardo Lino Morgante ha sottolineato la tattica di alcuni di impedire il lavoro del giornalista, in generale, lanciando minacce e sporgendo «querele dissuasorie» e tanto altro. «Conosciamo bene questo metodo – ha detto il direttore editoriale della Gazzetta del Sud – un modo per intimidire, richieste di risarcimento milionarie e un sistema legislativo che non sta dalla parte del giornalista. Una legislazione che più volte è stata oggetto di proposte di riforma. Solo chiacchiere».

Una tesi avvalorata anche dal prof. Giovanni Moschella che ha chiesto a Giletti quali prospettive immagini per la Sicilia dei prossimi anni. «Sarei propenso – la risposta – a suggerire ai giovani di questa terra di rimanere qui e andare avanti per sconfiggere il sistema ma non posso non pensare che avrebbero vita difficile. Esistono alcune parti della Sicilia in cui il sistema mafioso è ancora troppo radicato. Sicuramente, dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino, c’è più consapevolezza del “sistema mafia” ma c’è ancora tanto da lavorare»

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