S. Teresa di Riva, violentata dal padre ma il reato è prescritto. Lo sfogo: "Va in giro tranquillo"
Non sarà un processo a stabilire se siano colpevoli o innocenti, non ci sarà alcun giudizio sui fatti per i quali sono stati accusati, perché una sentenza divenuta irrevocabile ha messo la parola fine sul caso, anche a causa di meccanismi contorti della giustizia che, spesso, non consentono di fare piena luce e scoprire la verità. Un’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Messina, che si è chiusa con un verdetto di non luogo a procedere, e che vedeva imputata una coppia di S. Teresa di Riva, marito e moglie oggi settantenni, accusati di violenza sessuale nei confronti della figlia, in un lungo arco di tempo tra l’inizio degli Anni ’90 e la fine degli Anni 2000, da quando la presunta vittima era in tenera età. Le accuse più gravi erano a carico del padre, perché «mediante abuso di autorità, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, costringeva la figlia a compiere e subire atti sessuali, abusi consistiti inizialmente in palpeggiamenti all’organo genitale e, successivamente, in rapporti sessuali completi, in talune occasioni consumati anche alla presenza della madre». Ma il procedimento nei confronti dei due coniugi si è concluso in udienza preliminare, in quanto il Gup ha dichiarato estinti tutti i reati contestati per i primi 13 anni per intervenuta prescrizione, mentre per gli ultimi quattro anni non è stato possibile procedere per l’assenza di querela della ragazza. Sul caso è infatti stata applicata la prescrizione breve per mancanza di atti interruttivi e non è stato possibile procedere neanche d’ufficio perché nel 2020 è maturata l’ultima prescrizione, così come la giovane ha avuto conoscenza dell’inchiesta quando ormai non poteva più sporgere denuncia contro i genitori. Un verdetto, questo, accolto con delusione dalla giovane: «Non sono riuscita ad avere giustizia - ci racconta - il passato non si cambia ma vorrei che la verità venisse a galla, noi vittime per star bene dobbiamo avere giustizia. Ho subìto a lungo violenze fisiche e psicologiche e loro sono in giro tranquilli. In quegli anni rimuovevo tutto, mi hanno costretta ad abortire - aggiunge - anche perché non si sapeva se il bimbo fosse del mio compagno o di mio padre». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina