Messina

Giovedì 03 Ottobre 2024

Barcellona, truffa a danno dei disabili: otto indagati. I NOMI

La Procura di Barcellona, grazie alla minuziosa indagine effettuata dai carabinieri della Stazione dell’Arma tra il 2016 e il 2019 su una presunta maxi truffa ai danni di disabili e del Servizio sanitario regionale, con atto del sostituto procuratore Luca Gorgone, ha fatto notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari a 8 persone tra medici, tecnici sanitari alle dipendenze dell'Asp, e dipendenti di una società che commercializzava prodotti sanitari con sede a Barcellona, controllata di fatto da un fisioterapista dipendente della stessa Asp di Messina. Vittime finali del raggiro sarebbero stati bambini e bambine e altri disabili con forti limitazioni alla mobilità a causa di diverse e gravi patologie invalidanti.

Gli indagati

Francesco Vitale, 52 anni di Milazzo, quale dipendente dell'Asp di Messina con mansioni di fisioterapista presso il Centro di riabilitazione di Barcellona, nonché quale gestore e amministratore di fatto della società “Orthotek srl”, società posta in liquidazione a seguito dell'inchiesta; Antonella Donnina, 50 anni di Milazzo, quale rappresentante legale pro tempore della stessa società “Orthotek srl” di Barcellona, che commerciava al dettaglio ausili ed articoli ortopedici e sanitari; Giuseppe Schirru, 57 anni, di Palermo, dipendente della stessa società con mansioni di tecnico ortopedico, addetto alla relazione delle schede di progetto e dei preventivi di spesa; Andrea Stefano Cosentino, 50 anni di S. Agata Militello, indicato come procacciatore di clienti per conto di Francesco Vitale, in ragione dei rapporti intrattenuti con i genitori dei minori disabili in cura presso il Centro di riabilitazione diurno “Navacita” di Naso; Corrado Maria Aurelio Liotta, 63 anni di S. Agata di Militello, quale medico responsabile pro tempore del reparto di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell’ospedale di Sant’Agata; Antonino Furnari, 71 anni, originario di Novara di Sicilia e residente a Torrenova, medico ortopedico pro tempore presso l’ospedale di S. Agata; Giuseppe Longo, detto “Pino”, 66 anni di Lipari, all’epoca dei fatti assistente amministrativo presso il Distretto sanitario di Lipari con funzioni di addetto all’ufficio protesi e ausili; Tindara Caldiero, 64 anni di Barcellona, all’epoca dipendente della Orthotek srl con mansioni di addetta alla gestione e controllo dei pagamenti. Del gruppo di indagati faceva parte anche un dirigente medico, che all’epoca era in servizio al Poliambulatorio del Distretto sanitario di Lipari, che nel frattempo è deceduto. Agli indagati si contesta inoltre, la falsità materiale in atti pubblici e la falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale con artifici e raggiri consistiti nel convincere, grazie alla intermediazione del Cosentino e del Longo, i potenziali beneficiari ad acquistare prodotti di natura ortopedica dalla società Orthotek, predisponendo all'uopo certificazioni mediche, redatte dai dottori Liotta e Furnari e da un medico nel frattempo deceduto, i quali, “pur non avendo mai visitato i pazienti, prescrivevano a quest'ultimi l'acquisto degli ausili, sulla base delle sole schede di progetto compilate da Giuseppe Schirru”, dipendente della società, e nel consegnare a quest'ultimi “prodotti difformi e meno costosi da quelli prescritti, di valore notevolmente inferiore. Ausili che, tuttavia, pur non venendo mai sottoposti a controllo dai citati medici prescrittori, venivano da quest'ultimi ugualmente collaudati con apposita certificazione”, traendo in errore, da un lato, i beneficiari cui non venivano consegnati i prodotti effettivamente acquistati e, dall'altro, i funzionari dell'Asp che, una volta ricevuta l'attestazione di consegna e collaudo, unitamente alle fatture emesse dalla Orthotek srl, ne disponevano il pagamento, effettuato con bonifico su conto intestato alla stessa società. Con questo sistema attuato ai danni degli assistiti, tutti con disabilità e necessità di presidi sanitari per le funzioni vitali, gli stessi indagati, contesta la Procura, «si procuravano un ingiusto profitto consistente nella differenza tra la somma percepita dall'Asp e il costo effettivamente sostenuto per l'acquisto dei prodotti consegnati ai beneficiari, con pari danno per l'Ente pubblico erogatore».

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