Messina

Mercoledì 27 Novembre 2024

Operazione Beta, famiglia Romeo-Santapaola: pene ridotte in appello TUTTE LE CONDANNE

L'avvocato Andrea Lo Castro

Restano in piedi otto condanne e soltanto alcuni brandelli giudiziari del cosiddetto “mondo di mezzo” disegnato nell’operazione antimafia Beta sulla famiglia mafiosa dei Romeo-Santapaola e il suo dominio in città. Secondo l’accusa c’era cioé una vera e propria cellula di Cosa nostra sovraordinata rispetto ai clan, che sarebbe stata in grado di avvalersi di professionisti, imprenditori, titolari di società, funzionari pubblici, per gestire gli interessi economici illeciti. Ci sono poi delle assoluzioni clamorose rispetto al primo grado, che ribaltano completamente la prospettiva. Quindi, stando ai numeri, su venti imputati coinvolti da registrare 8 condanne, 4 assoluzioni, 6 dichiarazioni di prescrizione e perfino 2 annullamenti. Si è concluso così, nel primo pomeriggio di ieri, il processo d’appello per i riti ordinari dell’operazione Beta, ovvero l’inchiesta della Procura e dei carabinieri del Ros sulla cellula mafiosa collegata al clan Santapaola-Ercolano di Catania che si era radicata a Messina. La sentenza è della sezione penale di secondo grado presieduta dal giudice Francesco Tripodi. Il primo dato del dispositivo è clamoroso. Per Vincenzo Santapaola (cl. 1963) e Pietro Santapaola, entrambi nipoti di Nitto Santapaola in qualità di figli del fratello, in relazione alla contestazione di associazione di stampo mafioso i giudici hanno disposto l’annullamento della sentenza di primo grado “perché il fatto è diverso da quello contestato”, ed hanno rimandato gli atti alla Procura. Cosa significa? In attesa delle future motivazioni possiamo ipotizzare, visto di quanto si è discusso nel processo, che per i due secondo i giudici d’appello non si tratta dell’appartenenza al gruppo mafioso dei Romeo a Messina, ma eventualmente al clan Santapaola di Catania. Assoluzione parziale, ma rilevante, dall’accusa più grave di concorso esterno all’associazione mafiosa («perché il fatto non sussiste»), ha registrato l’imprenditore ed ex presidente dell’Ance di Messina, Carlo Borella, con una forte riduzione di pena rispetto al primo grado: la condanna d’appello è a 2 anni e 8 mesi. Pena ridotta anche per l’avvocato d’affari Andrea Lo Castro, che rispetto ai 14 anni del primo grado ieri è stato condannato a 9 anni con l’esclusione di un’aggravante mafiosa contestata “in epoca anteriore al 2015”, e l’esclusione parziale per un’altra aggravante, ma è stato riconosciuto comunque colpevole di concorso esterno all’associazione mafiosa. Pena ridotta, essendo cadute alcune contestazioni per assoluzioni parziali, anche per Stefano Barbera (8 anni), Michele Spina (8 anni), per il funzionario comunale Raffaele Cucinotta (2 anni pena sospesa), Gaetano Lombardo (2 anni pena sospesa). Ieri Cucinotta ha chiesto e ottenuto di rilasciare in aula brevi dichiarazioni spontanee, nel corso delle quali ha sostanzialmente ribadito che le sue decisioni assunte all’epoca dei fatti come funzionario comunale, non favorirono affatto il gruppo dei Romeo. Sono stati assolti poi da tutte le accuse contestate Ivan Soraci (dal reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso «per non aver commesso il fatto» e da quello di estorsione ai danni del pentito Biagio Grasso «perché il fatto non sussiste»), Giuseppe Amenta («perché il fatto non sussiste»), Salvatore Piccolo («perché il fatto non costituisce reato»), Fabio Lo Turco (dal reato di concorso esterno all’associazione mafiosa «perché il fatto non sussiste», per tutti gli altri reati ha invece registrato la dichiarazione di prescrizione, previa l’esclusione dell’aggravante). I giudici d’appello hanno poi disposto anche il “non doversi procedere” per intervenuta prescrizione per Salvatore Galvagno, Carmelo Laudani, Salvatore Boninelli, Silvia Gentile, Franco Lo Presti e Domenico Bertuccelli (sempre previa l’esclusione dell’aggravante). Le uniche due conferme della sentenza di condanna del primo grado le hanno registrate Alfonso Resciniti e Guido La Vista. Altri dettagli della sentenza. Tutti gli imputati sottoposti a misure restrittive, per esempio l’avvocato Lo Castro ai domiciliari, sono stati scarcerati. Sono state revocate le pene accessorie degli imputati ad eccezione di Spina, Lo Castro e Barbera. Sono state rigettate le richieste di risarcimento delle parti civili (Associazione antimafia “A. Agosta”, Fai, Addiopizzo onlus), «revocando le statuizioni di primo grado», mentre Barbera e Lo Castro sono stati condannati a rifondere le spese di giudizio come parte civile al Comune di Messina e al Centro “Pio La Torre”, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Giovanni Mannuccia e Massimo Nicola Marchese.

I legali

Il sostituto procuratore generale Maurizio Salamone al termine di un lungo intervento, diviso in due parti, dopo aver esaminato la posizione dei 20 imputati aveva chiesto per l’accusa l’assoluzione parziale per Ivan Soraci da un caso di estorsione e un’assoluzione parziale per Michele Spina da una ipotesi di traffico di influenze illecite, con la rimodulazione della pena finale per entrambi a 12 anni. Inoltre aveva chiesto la prescrizione dei reati per Giuseppe Amenta e Domenico Bertuccelli, previa l’esclusione dell’aggravante. Mentre per 16 imputati aveva chiesto invece la conferma della sentenza di primo grado. Sul piano generale aprendo il suo intervento il 29 aprile scorso il magistrato dell’accusa aveva evidenziato la cosiddetta “forza del giudicato” in questa vicenda, che è stata esercitata in ben quattro processi dalle pronunce di altri giudici nei giudizi abbreviati “Beta 1” e “Beta 2”, ed aveva prodotto agli atti le rispettive sentenze esitate della Cassazione. Parecchi i legali del collegio di difesa impegnati nel processo, gli avvocati Antonino De Francesco, Salvatore Silvestro, Tino Celi, Nino Favazzo, Erminio Squitieri Cioffi, Alarindo Cesareo, Antonio Catalioto, Alessandro Billè, Vincenzo Nicolosi, Mauro Lizzio, Franco Rosso, Nunzio Rosso, Isabella Barone, Alberto Gullino, Francesco Chillemi, Carlo Autru Ryolo, Giuseppe Calabrò, Antonio Giacobello, Maria Platania, Pier Francesco Continella e Antonello Scordo.

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